Complimenti per la trasmissione

Montanini, il Nemico Pubblico di sé stesso

Francesco Specchia

C’è un invincibile enigma (oltre ad Angelo Pintus, che però ha un suo pubblico: gli estremisti del karaoke, i bambini…) che s’aggira per le catacombe dei palinsesti Rai. Il suo nome è Giorgio Montanini.   Montanini, ex interprete shakespeariano, marchigiano rampante, è qualcosa di più di un comico che non  fa ridere. Montanini pretende di essere uno stand up comedian: un erede italico di Bill Hicks, o degli show sulle abitudini alimentari di Louis CK al Saturday Night Life. Montanini, forte di contratti tv col marchio della “sperimentazione”, ritiene d’esser vittima di un sistema che ne silenzierebbe il talento eversivo; quando, in realtà, il nostro comedian dovrebbe baciare il terreno di quel funzionario Rai distratto che ne reitera automaticamente l’esistenza del programma Nemico Pubblico (Raitre, domenica , ore 23,50), come fosse un contratto d’affitto che si rinnova per silenzio-assenso. L’altra sera, Montanini non ce l’ha più fatta; e, nella soffusa cornice da night del suo programma, ha mostrato al pubblico di vivere male la condizione di presunto reietto. “Da tre anni mi fanno fare questo programma. Non sarà che sono innocuo, che non do fastidio a nessuno?” s’è chiesto, nella fase finale del suo monologo. E, in effetti, il dubbio era legittimo. Ma può davvero dar fastidio un signore che in tema di stupefacenti parla di renne che ingollano allucinogeni e “finito l’effetto si pisciano l’uno addosso all’altra”?; o che afferma “gli esseri umani si drogano perché la vita è un’immensa rottura de cojoni?” (concetto già espresso da Morgan). Può scandalizzare uno che sui gay afferma “Se lo dai, dice mio padre, sei omosessuale; se lo prendi sei frocio”? (l’aveva già fatto Checco Zalone). O che racconta: “Mia moglie mi ha lasciato con un camionista moldavo con due cazzi’? Montanini, ha poi dato praticamente del cretino a chi l’ascoltava. E ha pure commentato una sua partecipazione come ospite in un talk, in virtù d’un suo vecchio monologo tra vegano e non vegano che si giustificava nel consumo di una bistecca: “me l’hanno servita già confezionata, tagliata e morta: c’è in giro un serial killer dei vitelli”; e ha evocata la lotta di classe di Marx, roba che non sono onestamente riuscito a focalizzare. Figurarsi riderci sopra. Sorvolo sulla minifiction interna al programma, “Sala paternità”; e mi fermo, sorridendo- qui sì-  sulla satira stile musical sul “razzismo democratico” di Francesco De Carlo. Mah. Odio dirlo. Ma, dopo Montanini, m’assale un’insopprimibile nostalgia di Daniele Luttazzi, o di Dado…