Cerca
Logo
Cerca
+

Suits, liberate l'avvocato dal salto dello squalo

Pregi e difetti della sesta serie sugli avvocati

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

Vai al blog
  • a
  • a
  • a

Quando, cinque anni fa Mediaset Premium importò dall'America Suits, serie bella e spietata dedicata al mondo degli avvocati d'affari, ci si aprì uno squarcio letterario sulle banalità del palinsesto. Ambientata nel grattacielo dello Pearson& Hardman (poi diventato Pearson, Specter & Litt) «tra i top studios di New York dove si assumono solo laureati ad Harvard», Suits è imperniata sulla storia di Harvey Specter socio belloccio, elegantissimo cinico; e fotografa esattamente la fauna che s'aggira tra gli uffici e le aule di tribunale. Poi, tra i protagonisti ci sono: Jessica, bella e snobissima che non ride mai se non sa di aver già dato la colpa a qualcun'altro; Louis, paranoico, sgradevole alla vista e al tatto, genio della contabilità, ma descritto come una sorta di Jago pronto sempre a passare dalla parte del più forte; Donna, segretaria vamposa e pignola incapace di errori; e Rachel, assistente innamorata di Mike. Il quale Mike, mente giuridica raffinatissima con una memoria fotografica, s'arrabatta tra una finta laurea e una percentuale spaziale di casi risolti neanche fosse Perry Mason. In Suits ti accorgevi di quanta spietatezza trasudasse da ordinanze, ingiunzioni, strategie processuali. Alla fine, però emergeva sempre una rarefatta umanità che stava nel fatto che Mike, il non laureato, era sempre il migliore e, soprattutto non veniva mai scoperto. Ora alla sesta stagione (su Mediaset Premiun e Netflix) di Suits, il suo sceneggiatore Aaron Korsh ha cambiato rotta. Ha fatto arrestare Mike per truffa e l'ha messo nella stessa galera di tale Frank, assassino che Harvey ha fatto condannare, e che, per vendetta vuole rivalersi su Mike (con tutte le straviste situazioni dei “film di prigione”, guardie corrotte, coltelli nascosti, isolamento ecc). Ovviamente tutti i suoi amici sono preoccupati che, in cella, non ne rendano poltiglia di falso avvocato; e si distraggono dal lavoro. Poi lo stesso Korsh ha ridotto il prestigioso studio a uno studiolo in dissesto da cui i soci sono tutti scappati, e Harvey in un professionista insicuro che si lascia andare ai tentativi estemporanei più che ai geniali ragionamenti legali cui eravamo abituati. La tensione rimane alta, ma continua a calare di puntata in puntata. Spero che non si arrivi al cosiddetto “salto dello squalo”, la puntata dove gli autori di Happy Days, non sapendo più che inventarsi, lanciarono Fonzie in moto su un pescione. Fu la sua rovina…

Dai blog