Complimenti per la trasmissione

Santoro, "M" , Hitler e l'insicurezza del sonnambulo

Francesco Specchia

M - Il mostro di Düsseldorf, del 1931 di Fritz Lang, con i monologhi i di Peter Lorre killer di bambine, è uno dei miei film di formazione. Probabilmente lo è anche di Michele Santoro nelle cui liturgie, in effetti, s’intravvede il riverbero dell’espressionismo tedesco (scenografie, luci, dialogi emotivi). Sicchè quando Michele esordiva,  nella prima puntata di M (Raidue, giovedì, prime time) rivolgendosi all’attore Antonio Tidona nei panni di Hitler con: «Adolf  c’è nella sua infanzia un qualcosa di nascosto che ha determinato il fatto che lei sia diventato il più grande massacratore dell’umanità?», e Tidona gli rispondeva con pigolio teatrale; be’ di prim’acchitto ho pensato «Apperò, l’intervista immaginaria e la fiction storica: mescola i generi»,,. Aggiungendo, alla Totò: «chissà questo dove vuole arrivare...». Santoro si poneva il sofferto quesito sull’irripetibilità del male prodotto da Hitler. E più , in quel cupo studio aeroportuale faceva intervenire gli ospiti - Enrico Mentana , la docente  Simona Colarizi e lo scrittore Giuseppe Genna («bisogna osservarlo nella sua irradiazione totale»)- più io mi chiedevo dove volesse arrivare. Poi Michele faceva scorrere la fiction: la madre di Adolf che lo sgrida per aver fatto la cacca addosso; le immagini del rapporto incestuoso tra Hitler e la nipote (della quale sfugge un capezzolo) . E io continuavo a chiedermi dove volesse arrivare. Poi è subentrata una tale giovine  Sara che dava la parola a tale Youssef il quale sparava -non capivo il perchè-su Salvini («la fortuna dell’Italia è avere un leader di estrem destra completamente smidollato»). C’era anche un italo-siriano in brache corte. E lì ho realizzato che Michele, a forza di credersi un mix fra Becht e Segio Zavoli non voleva arrivare da nessuna parte. Semplicemente, a forza di mixare con forza i generi, in 2 ore e 14, si era incasinato da solo. A ’sto punto, già che c’eravamo,  io avrei messo Eva Braun che ballava il tip tap e Goerin che cazziava  la Meloni. Direbbe Fritz Lang: «la strana sicurezza del sonnambulo». Riproviamoci, Miche’...