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La gioia di vivere di Bollani per il jazz

Il programma musicale di Raitre

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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É come se C1P8 di Guerre Stellari andasse a lezione da Gershwin. «Suono con  53 dita; non bevo whiskey come i pianisti jazz, ma olio di motore vecchio di almeno 3000 km , mi chiamo teo-tronico, ma lei può chiamarmi Tronico, non siamo così in confidenza...». Così, con la voce frullata al sintetizzatore e lo scheletro metallico infilato sotto un tight, un musicista-robot si presenta a Stefano Bollani, il quale gli chiede d'improvvisare -a 63 mani- una fioritura jazz. Così, tra battute, divulgazione e scoppiettante senso dello spettacolo, Bollani ripropone su Raitre Sostiene Bollani (domenica ore 23), l'avventura della musica in tv. Bollani è un folle, ed è pagato per questo. É convinto che i pianisti  s'annidino dappertutto: «ci sono pianisti in ogni angolo del mondo, nelle strade, che hanno bisogno d'affetto e s'aiutano fra loro», dice il pianista globale toscano col faccione ispido da ragazzotto di Mark Twain appena scappato di casa. Bollani invita, dal pubblico, pianisti alla rinfusa -ma di talento- Grillo, Hengeller, Moroni e Salis; li invita e li fa suonare ciò che vogliono, accompagnandoli e citando i grandi Bud powell, Fats waller, Art Tatum che era Dio sdraiato su una tastiera d'ebano e avorio. Poi eccoti Paola Cortellesi che recita al leggio, morbida e con gli occhi sgranati l'autobiografia di Nina Simone, «l'incarnazione di una regina egizia», partendo dal pentagramma: «Do. Dove sono nata? In North Carolina nel 1933, giovane, di talento e nera.... Re. Resistere con le sonate e i preludi pronte ad uscire dalle dita...». Eppoi Bollani torna a fare il professore, discettando di musicisti con le farfalle nel cuore e nelle dita che non la sfangavano con l'affitto a fine mese; di pianoforti in cui infilarci di tutto dagli spartiti alle bistecche; di strumenti in grado di « accompagnare la tessitura di qualsivoglia voce». Eppoi arrivano le incursioni col violoncello; e i duetti biografici con la Cortellesi che si finge Clara Josephine Schumann -«Vedo pianisti morti»- evocando lo «Schumann Show». Come nei vecchi programmi di Arbore, in Sostiene Bollani non c'è filo logico ma una jam session e una joie de vivre contagiose. L'altra sera mio figlio che ha due anni ne era ipnotizzato; stava per saltargli sul piano, attraverso il televisore, e tirargli il barbone...

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