Complimenti per la trasmissione

#farweb, il (bel) racconto dell’odio

Francesco Specchia

  Ci vuol poco «a trasformare il dissenso via web in odio». Ci vuol molto -in termini di rigore d’indagine e puntiglio di cronaca- ad infilare quell’odio in un format di servizio pubblico. È quasi uno spreco piazzare in terza serata #farweb - Tutti contro uno (Raitre, mercoledì), il programma in cui il giornalista Federico Russo, -una specie di Simon Wiesenthal dei social network- gira il mondo per stanare gli haters, gli odiatori di Internet . All’inizio pensavo che fosse ardito mescolare la storia di una cacciatrice spagnola spinta al suicidio -con tanto di funerea intervista ai parenti- , ai cortei degli ultrà animalisti inferociti contro il palio di Montagnana al grido di «l’unico cacciatore buon è quello morto!». Così come ritenevo morboso rimestare nel caso dell’omicidio stradale di Vasto, in cui un marito ammazzò l’investitore della moglie, con tanto di intervista a coomento, fatta a un avvocato paraplegico e vendicativo estratto di peso da un film di Oliver Stone. Metteteci anche la scoperta di un gioco folle che inizia da una app , “This crush”- che invita a sputtanare il prossimo; e finisce in un vero combattimento tra ragazzine adolescenti. E aggiungeteci la creazione grottesca di una Shit Storm, di «una tempesta di merda» che si scatena, ad arte, contro profili Facebook scelti a caso, tra foto raccapriccianti, commenti orribili, minacce di morte, nella risacca del web oscuro. Aggiungeteci le interviste -nascoste dietro una maschera- a gente matta che passano il tempo a distruggere le vite degli altri. Insomma, affastellando tutto questo in un girato romanzesco, mi aspettavo la solita denuncia frustrante sul filo della Rete. E un po’#farweb  lo è. Il senso d’impotenza che ti assale nel visionarlo, è palpabile. Però, la differenza con i soliti servizi su Internet cattivo sta nel racconto. Ruffo possiede una potente capacità di narrazione. Non prende posizione, fa domande e sono quelle giuste. E la storia emerge tra le pieghe del dramma e della tenerezza. Uno stile che ricorda molto quello di un altro tosto, Domenico Iannacone. Certo, chiudere la puntata sul nonno cacciatore «che però mi ha insegnato l’amore» è un po’ paraculo. Ma gira che è una meraviglia...