Complimenti per la trasmissione

Mamma mia che impressione quelle "Belve" in tv

Francesco Specchia

Da maschio un tantino irretito, la visione di Belve (Nove, mercoledì , terza serata) m’insuffla una certa inquietudine. Presentati come una serie di interviste carezzate dal soffio delle pari opportunità, in realtà i vis a vis della giornalista Francesca Fagnani con donne dal carattere possente risultano uno scontro di valkirie. In uno studio immerso in un’atmosfera cupa e rarefatta, sotto un gioco di luci espressioniste, sopra due sedie ruvide messe lì evidentemente per preparare all’asperità del terzo grado, si alternano femmine che non devono chiedere mai. Fagnani, brava e scafatissima inviata di cronaca già di Santoro e Floris, schiocca domande secche come frustate; e le intervistate le rispondono con altrettanto vigore. Sicchè io rimango colpito quando la criminologa Maria Grazia Bruzzone, vestita come Eva Kant, alla domanda «lei scatena invidie perchè è una donna popolare?» risponde: «Scateno invidie per vari motivi faccio un lavoro che la maggior parte della gente sogna, mi occupo con successo di questo tipo di attività da svariati anni, ho molta visibilità televisiva, godo di grande credito in tantissimi ambienti. I miei colleghi? Parola grossa: presunti, aspiranti colleghi». O, quando all’insinuazione d’esser avvistata in un locale gay ruggisce: «la gente non può vomitare cazzate, io querelo...». Sicchè, io m’imbarazzo se la riccioluta Cristina Pinto, Lady Camorra, afferma di aver «sparato per i clan» e la Fagnani le domanda se i clan fossero attivi nella droga e lei le risponde: «Sì, cocaina, eroina, fumo», così, come fosse l’elenco della spesa. Sicchè io mi stranizzo mentre la grande divorzista Annamaria Bernardini De Pace dichiara che avrebbe voluto difendere Berlusconi dalla voracità della moglie Veronica; o nel momento in cui Adriana Faranda sussurra, con voce robotica, sull’annientamento della scorta di Aldo Moro: «Non pensavo fossero così impreparati... ». Belve -seppur non nuovo nella formula- gira, le domande sono asettiche e incalzanti. Però, tra un sorrisetto aguzzo e l’altro, ricorda un incontro di boxe. Mi sono immaginato Gigi Marzullo su quella sedia: sarebbe morto dopo cinque minuti...