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Lombardi, il Confa e la grande scommessa della nuova Rete4

Nell'inedita strategia di rete hanno vinto i melomani

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Nella “nuova Rete4” non ha vinto la politica; hanno vinto i melomani, i tenaci dello spartito classico e della rivoluzione sussurrata. Sarà che Sebastiano Lombardi, l'ottimo direttore del canale già direttore Marketing del Biscione, è un appassionato di lirica e musica da camera. Sarà proprio per questo suo atout estetico assai raro in azienda ma uguale a quello di Confalonieri che, alla fine, ha vinto la linea da “concerto polifonico” del vecchio Fidel. Rete4 concepita non più come canale della forza d'urto populista, ma come, appunto, spartito suonato a più voci, per dare toni armonici al palinsesto dell'informazione. Un progetto ambizioso, anzichenò. “L'idea era di ricostruire una rete partendo dal lato del prodotto, senza contrapporsi ad altri. Ci abbiamo messo allegria. Voi non vedreste qui tutti questi professionisti se non li avessimo convinti subito. Non vogliamo fare una all news popolare, ma una rete generalista che contenga, anche attraverso il linguaggio delle news, tutte le dimensioni della realtà", dice Lombardi. Il quale, in conferenza stampa, fa eco al Mike Pompeo dei tg Mediaset, Mauro Crippa: “I professionisti che vedete qui sono campioni del ragionamento”; ed ecco Crippa che indica Nicola Porro, Gerardo Greco, Barbara Palombelli, Roberto Giacobbo, Gianluigi Nuzzi, Piero Chiambretti. Campioni del ragionamento e alfieri della moderazione, direi (a parte Chiambretti che fa l'eversore per mestiere). Cinque prime serate e un access prime presidianti in chiave anti-Lilli Gruber danno effettivamente l'idea di una rivoluzione per un canale nato e prosperato sulle soap e sulle gesta di Emilio Fede. Sulla nuova Rete4 due sono le chiavi di lettura. La prima, squisitamente politica di avvicinamento ad un pubblico moderato in funzione controsovranista, l'abbiamo già abbondantemente sviscerata. Ma è la seconda chiave, quella fortemente industriale, la vera novità. Rete4 era una rete estenuata dalla sua stessa tradizione. O la si lasciava alla deriva del suo 4-5% (peraltro non pessimo), o si consentiva a Lombardi di giocarsi le carte dell'innovazione per le quali era stato arruolato. Piersilvio Berlusconi oggi gli dà carta bianca. Dunque non si abbandona del tutto il pubblico tradizionale “di pancia” della rete, un pubblico appassionato dell'ultimo leghismo, Per dire; figurano in palinsesto Vittorio Sgarbi, Paolo Del Debbio non si capisce con quale cadenza ma con una striscia “fuori dal coro dopo il Tg; e Mario Giordano, grande risorsa recuperata al grande pubblico finora costretto da beghe interne a chiedere ospitalità a La7. Però, nel contempo, si cerca pure di acquisire quella fetta di pubblico, più giovane e più liberal, che Rete4 non ha mai avuto ma che è confezionato, paro paro, sugli schemi politici e culturali dello stesso Lombardi. Adesso Sebastiano non ha scuse: questa è una Rete4 a sua immagine e somiglianza. Una rete che ora, ufficialmente, blandirà anche quel segmento di telespettatori che raramente guardano “Il segreto” o “Tempesta d'amore” (che pure, assicura Piersilvio, rimarranno a glassare il palinsesto); ma che, a livello pubblicitario, potrà consentire l'accesso ad un target “pregiato”, appunto, sinora lontanissimo dal canale. Che il cambiamento, in questo momento, coincida con la balcanizzazione di Forza Italia dà al tutto una narrazione dietrologica che fa molta gola a noi cronisti. Infatti, guarda caso, ieri i siti di molte testate giornalistiche hanno puntato l'attenzione sull'”interessamento” di Piersilvio sul docufilm artistico di Matteo Renzi. Credo che, in questo caso, dato la catalessia istituzionale di Renzi la questione non sia politica; e che il motivo, per Mediaset, sia il solito: follow the money, segui i soldi….          

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