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Le nuove melanconie di Virginia la comica

Come Quando Fuori Piove, una fiction alla Dino Risi per la Raffaele sul Nove

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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La tristezza della comica Foto: La tristezza della comica
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Sicché perfino Virginia Raffaele, mix esplosivo fra Tina Fey e Franca Valeri da giovane, come tutti i grandi comici, possiede un'anima crepuscolare. Per chi si aspettava dalla sua prima fiction da mattatrice tv, Come Quando Fuori Piove (Nove, mercoledì prime time) uno scirocco di trasformismo e allegria, l'effetto è straniante. Il trasformismo è rimasto, per carità. Ma lo scirocco s'è mutato nel venticello freddo della satira sociale; e l'allegria è infilata negli stretti bagagliai delle quattro auto con cui Virginia affronta viaggi paralleli che s'incrociano sullo sfondo d'un'Italia degno di un film di Dino Risi. Raffaelli qui si trasforma in quattro donne di età, città e classi sociali diverse. C'è Gregoria, molto simile ad una versione invecchiata della contessa dello spot Ferrero Rocher: molto ricca, molto tirchia e molto stronza con un'antipatia atavica per il collega economista Krugman, che costringe il suo giovane autista a portarla da Roma in Svizzera (in strada statale). C'è Saveria, un'attrice col birignano teatrale di Anna Proclemer chiusa in macchina col suo agente che, via telefono, la spinge ad ingollare “quelle pilloline che ti fanno bene”. Saveria è presa da crisi di nervi a causa di Almodovar che l'ha scelta per un provino impossibile ma non è esagitata quanto Susanna, una sposa in maggiolino Volkswagen che parte col marito all'inseguimento del proprio fotografo, in un viaggio alla Salvatores non privo di scazzi familiari. Infine c'è Giorgiamaura, adolescente con evidenti ritardi mentali la quale, accompagnato da uno zio sciacallo che ricorda i personaggi sporchi e cattivi di Manfredi, vorrebbe andare a “Settecamini a partecipare a Amici con Maria De Filippi…”, e la cosa si commenta da sé. Ogni storia è il colore di una carta da gioco; e il gioco del racconto si sviluppa in un montaggio alternato, a ricordare il miglior cinema italiano degli anni 60. E Virginia Raffaele -inutile dirlo- è bravissima nel dipingere angoscia, scoramenti, illusioni e, perfino, ombre di morte, sul volto delle sue controeroine. Un esperimento pregiato, molto autorale, se vogliamo. Che personalmente mi insuffla un'ansia che non le dico, signora mia. Preferivo Virginia la comica (ma , giù il cappello….).            

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