Complimenti per la trasmissione

Se guardi Michael Moore la bile ti si ingrossa

Francesco Specchia

Michael Moore veste come un profugo uzbeko, ha l’occhio e la panza cadenti del democratico sconnesso dai propri ideali ed è, senza dubbio, il prodotto di una partigianeria di sinistra spesso urticante. Detto ciò, rimane uno dei registi e documentaristi più abili del mondo. Nel suo documentario Fahrenheit 11/9’ (La 7, lunedì prime time) introdotto da Enrico Mentana, Moore ha riproposto il suo special teatrale Michael Moore in TrumpLand, convertendolo nell’attacco più feroce subito dall’attuale presidente dopo i fumetti di Doonesbury. Moore parte dal racconto di Trump il quale, dopo aver scoperto che la cantante Gwen Stefani guadagnava grazie al reality The Voice più di lui per il suo show The Apprentice, si era spinto ad organizzare una finta candidatura alla Casa Bianca. Era un modo ardito per conquistare l’attenzione dei media e far sì che l’emittente Nbc gli alzasse lo stipendio. Solo che l’Nbc lo licenziò. Epperò Trump, considerato il successo di pubblico di quella messinscena, ci aveva già preso gusto. Da lì la sua prima comica, poi derisa, poi inarrestabile ascesa elettorale fino all’elezione del 9 novembre 2016. Ora, Moore s’è speso nella campagna per Hilary Clinton e, ovviamente, odia Trump. Ma dal ventre costipato e borbogliante del suo Michigan è pure stato il primo a prevedere, di Trump, la vittoria. Nel documentario, una specie di gigantesca seduta psicanalitica, Moore dettaglia i suoi incontri col magnate, ne descrive arroganza, la misoginia (Trump che entra negli spogliatoi delle miss le quali, però, l’hanno lasciato entrare…) e le inadeguatezze culturali; lo tratta con la cattiveria di un Plauto con l’ulcera. Usa, in pratica, lo stesso metodo che anni fa usò con George Bush jr. che gli valse la Palma d’oro. Solo che qui emerge, a posteriori, tutta la temibile fame di potere di Hilary Clinton. Moore, insomma, invoca, inascoltato, l’autocritica della sinistra per l’elezione di Trump. E probabilmente non è un caso che proprio Diego Bianchi in arte Zoro, altro eretico dem, sia stato il primo a Propaganda Live -sempre su La7- ad ospitare Moore mentre spiegava che “la Clinton ha avuto più voti Trump” omettendo di dire che trattavasi dello stesso democraticissimo sistema elettorale che, per esempio, fece eleggere Kennedy. Insomma, vedendo Moore mi s’è gonfiata la bile. Ma per contestare le idee avversarie è sempre meglio conoscerle…