Complimenti per la trasmissione

Nero a metà con l'ansia del politicamente corretto

Francesco Specchia

Premetto che qualsiasi programma di prima serata che sia in grado si spalmare di napalm il Grande Fratello merita imperituro plauso. E premetto che ogni serie tv che riguarda la polizia italiana m’inorgoglisce di patriottismo. Detto ciò, ora i poliziotti cominciano ad inzeppare la tv peggio dei cuochi. Soprattutto gli ispettori. Prendete gli ispettori di Nero a metà, la nuova serie di Raiuno (lunedì prime time) che ha sbancato l’ascolto col 25% di share e 6 milioni di spettatori. Qui c’è l’ispettore Carlo Guerrieri (Claudio Amendola) arcigno sbirro di borgata romana che si scontra e poi s’incontra col viceispettore Malik Soprani (Miguel Gobbo Diaz), immigrato salvato da un barcone da bambino e diventato “il primo del corso all’Accademia”. Malik, per sbaglio, incoccia nel cazzotto del superiore che, inconsapevolmente gli fa saltare la copertura durante l’arresto di uno spacciatore. Da qui, la nascita di una grande inimicizia. La loro storia è, ammettiamolo, trita (il maschio bianco alfa contro il fighetto nero va di moda sin dai tempi dei film dell’Ispettore Tibbs) e al contempo astutissima. La paura del diverso che declina in imbarazzato razzismo, la tensione sessuale fra la figlia anatomopatologa di Guerrieri e Malik, il trattamento perculante del commissariato verso il collega immigrato -bravo e tombeur de femme- da paesi lontani e tormentato i genitori nei viaggi della speranza: tutta la trama è avvolta dall’ansia del politicamente corretto. Ma, in fondo, per chi ormai s’è fatto il palato coi vari Schiavone o i Bastardi di Pizzofalcone o Coliandro, trattasi di trama abbastanza scontata: uno sfruttatore di centri d’accoglienza ammazza per denaro un pugno di poveri immigrati, Malik lo scopre, finisce mezzo annegato in una vasca e ciò gli fa riaffiorare ricordi ancestrali e flashback molto umidi. In tutto questo, qua e là, affiorano frasi come “Bravi vi siete fatti fregare dal negro!” o “Mi vedi come uno di quei neri che passano la vita per cercare di essere più bravi dei bianchi”; e, insomma, voilà, ecco confezionato un inno all’integrazione travestito da poliziesco. Nero a metà, contraddistinto da buona regia e bravi attori, evoca un grande blues di Pino Daniele. Ma è la sceneggiatura a declinare nel torpore mentre ti insuffla il dubbio di volerti impartire a tutti costi una lezioncina di educazione civica. Non mi stupirei se, in una puntata o nell’altra, spuntassero tracce di Salvini e del decreto sicurezza…