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Mike, Corrado, Vianellola notte che finì la tv generalista

L'amarcord dei Tre tenori della televisione

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Per l'ultima volta insieme Foto: Per l'ultima volta insieme
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  C'è una data, secondo me, che ha segnato l'epicedio della tv generalista, il canto funebre dei titani dell'intrattenimento. Il 29 novembre 1998 alla 20.48 su Canale5 andò in onda “I tre tenori”, oggi riproposto, ad intervalli nostalgici da Mediaset Extra, su Mediaset Play. Si trattava di un talk show di scenografia fra l'art brut e la tv locale che accoglieva i tre compianti moschettieri del piccolo schermo: Raimondo Vianello, Mike Bongiorno e Corradi Mantoni (D'Artagnan è Baudo che, buon per lui, è ancora vivo e scrive libri). Erano intervistati da un Maurizio Costanzo all'apice e da un Enrico Mentana schiacciato dalla giovane età e dall'ironia tritacarne dei giganti. Ironia a gradazione progressiva: involontaria quella di Mike, pasquinesca quella di Corrado, british quella di Vianello. Ne uscirono 100 minuti di ritratti incrociati, di battute fluorescenti, di tranche de vie dei tre “fondatori” che hanno dipinto l'anima della nazione dal dopoguerra ad oggi.  “I tre tenori”, non potevano sapere che di lì a pochissimo il proliferare di talent e reality avrebbe completamente cambiato i canoni del tubo catodico”, scrive lo studioso Alessandro Ticozzi il quale, ossessionato dal quel piccolo evento ha ora pubblicato un libello elegiaco Mike, Corrado e Vianello il canto del cigno dei tre tenori (SensoInverso). E non potevano nemmeno sapere, i Tre, che sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero incrociati in tv. Di quella serata era tutto in stato di grazia, dalla sigla, alle limousine d'entrata, al maestro Pregadio, ai ricordi, agli amabili dileggi reciproci che Ticozzi riporta con rigore filologico. Corrado che evoca gli esordi comeconduttore ufficiale della radio italiana, comprensivi dell'annuncio della fine della guerra. Mike che s'inebria nei trascorsi da staffetta partigiana che richiama la montagna e dice: “Negli anni ho perso un centimetro e mezzo d'altezza”. Vianello che ricorda Casa Vianello o perché doveva vestirsi da donna nelle gag con Tognazzi,e insiste su un aneddoto strepitoso dell'Università: durante una manifestazione contro la guerra (“le facevo per non andare a scuola…”) svettando tra la folla, si accorse che i fascisti arrestavano quelli col fazzoletto da capopopolo e allora, in un lampo, si tolse il suo, di fazzoletto, e lo legò al collo d'un compagno figlio di un gerarca, “…meglio se lo prendi tu, io non son degno”.  Finì con le note di Glenn Miller in sottofondo e con un “Allegria!” di Mike…. 

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