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Perché non possiamo non dirci arboriani (nel senso di Renzo)

L'ennesimo successo del maestro in tv

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Arbore Delogu e Frassica show Foto: Arbore Delogu e Frassica show
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“Noi non siamo vecchi, siamo antichi…”, declama Renzo Arbore lisciandosi il gilet azzurro mentre in sottofondo scivola una tarantella. E giù via, ecco che Renzo battezza il suo programma Guarda… Stupisci, Modesta e combiccherata lezione sulla canzone umoristica napoletana (Raidue, mercoledì, prime time). Uno spettacolo di vaporosa allegrezza. Che parte da un vecchio filmato di Nino Taranto; ribalza sull'abito e sulla logorrea sexy di Andrea Delogu, la conduttrice ormai aficionada del maestro; si dipana tra gli applausi del giovane pubblico napoletano in studio che tamburella il ritmo dell'Orchestra italiana (che mi ricorda molto il mitico Per voi giovani, anno 1966); s'impenna sulle battute di compare Nino Frassica (“Beati gli umili che saranno umiliati”, “Le do due frustini in cambio di uno. Ci sta?”); incoccia nel sorriso triste di Massimo Troisi il quale intona La mi porti un bacione a Firenze al suono di mille napoletanissimi mandolini; minuetta sulle bacchette magiche di Geggè Di Giacomo e Tullio De Piscopo; esplode nei doppisensi dei registri comici alla Eduardo Scarpetta, nelle barzellette romanzate dell'ospite Gigi Proietti, nella magia di Renato Carosone che, estratto di peso dalla teche Rai, dalla tastiera del suo pianoforte anni 50 schiude mondi che conosciamo a memoria ma di cui abbiamo perenne nostalgia. Canta Napule, paisà. Non mi stupisco che Arbore, lo swing fatto carne, con questo suo ennesimo omaggio alla città di Pulcinella sia riuscito a inchiodare davanti al video oltre 2 milioni e 600 mila spettatori di media sfiorando il 15% di share. Arbore, nonostante sia un over 80, ha più vite del conte di Montecristo: con la benedizione di San Gennaro -qui presente, in voce, in studio- torna sempre fiero e vendicativo sui natii luoghi televisivi. L'ho detto e lo ripeto. E' come se, nelle famiglie Auditel, al passaggio distratto della sua erre moscia in forma di cometa nostalgica che si dimena nei ricordi, il nonno davanti alla tv urlasse: “Ehi, gente, c'è Arbore in tv!”; e tutti si radunassero, spontaneamente, in un'allegra rimpatriata tra amici. Forse l'unica nota stonata del programma sono gli spot sullo sciroppo che fa diventare napoletani recitati da Lillo e Greg e i doppiaggi di Trump. Il resto scorre piacevolmente come un tazzulella ‘e cafè...      

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