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Lo strano caso di Lo-Renzi il magnifico

L'ex premier presenta il documentario su Firenze

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Matteo Renzi Foto: Matteo Renzi
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Alberga un contrasto stridente nella vita televisiva di Matteo Renzi: tecnicamente, l'uomo è un mostro (possiede i tempi tecnici, la comunicazione, l'autorevolezza), ma umanamente sta sulle palle a tutti, o quasi. E questo può essere un problema. Ed è probabilmente per il suddetto per cui Firenze secondo me -Nove, domenica prime time- nonostante la lussureggiante confezione tecnica e di contenuti, ha registrato solo l'1,8% di share, superato anche dalla Signora in giallo, come commenta acidamente Matteo Salvini. In realtà il documentario-omaggio di Renzi alla bellezza della sua città non ha nulla da invidiare alle ultime performance di Alberto Angela. L'uso grandioso del timelapse -la tecnica che velocizza i fotogrammi, dai piccioni di piazza Signoria a Palazzo Pitti, al Salone dei 500 ipnotizza. E piace l'approccio storico. E avviluppano i testi, dalla descrizione di Boboli al “Tondo d'oro” del Botticelli con la sua “Divina famiglia di giocolieri”; al Salone dei 500 ossia “una delle case della politica” con Machiavelli che vi fu il segretario comunale e “civil servant” , e con i passi dei deputati italiani che vi rimbombano a cominciare da quelli di Giorgio La Pira che proprio qui “decise di riunire i sindaci delle città capitali”. Piace il programma. Ma Renzi sta molto sulle palle.  Il format, come per sortilegio, si personalizza su di lui e l'impressione è che si riproponga l'effetto -referendum costituzionale: sacrosantissimo ma da bocciare perché incarna la superbia del renzismo. Beninteso, a me qui Renzi sfagiola. Ma capisco pure lo spettatore medio che in ogni frammento del documentario vede un'esaltazione dell'ego di Matteuccio, neanche fosse Lorenzo il Magnifico. Renzi dice “Quando cammini per le strade della tua città tutto diventa abituale, ordinario, prevedibile” ? E uno pensa subito all'opposizione del Pd. Renzi cita La calunnioa del 1495 del Botticelli e poi aggiunge “Potremmo definirlo il quadro delle Fake News, se dovessimo ragionare di oggi”? E lo spettatore cade bruscamente dall'arte alla politica. Renzi discetta sulle soluzioni architettoniche del Vasari che doveva unire casa e ufficio, Palazzo vecchio e Palazzo Pitti? E nello spettatore affiorano subito, non so perché, Palazzo Chigi e il mitico Air Force, l'aerone dei tempi della presidenza del Consiglio. Il problema è che il politico Renzi, col suo carico di guasconeria spesso scolorito in supponenza, nell'immaginario comune non si riesce a scollare dal Renzi showman. Bisogna lavoraci. Tanto.            

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