Complimenti per la trasmissione

"La stagione della caccia" ricca di ascolti di Camilleri (senza Montalbano)

Francesco Specchia

Suo padre la vita se la sarebbe sudata fino all’ultima goccia, magari con le braccia e le gambe tagliate”. Così i notabili del paese, dignitosamente infrattati nel corteo funebre, commentano la morte per presunto avvelenamento da funghi del figlio del marchese, picciotto taciturno, con l’unico vizio di avere come “zita”, come fidanzata, una capretta. E, così inizia la fiction La stagione della caccia(Raiuno, martedì prime time): con il decesso dell’erede del Marchese Peluso discendente da Federico II°, nobile sporcaccione -il padre, non il figlio- che se la fa, come nelle migliori tradizioni, con la moglie del fattore. E’ nobilastro di portamento sciatto, dal passo e viscere affaticate e dal forte appetito sessuale, il marchese. Ma pure, nel cercare a tutti i costi un altro erede, e fottendosene dei benpensanti, l’uomo mostra una spudoratezza che solletica simpatia. Quella stessa spudoratezza lo porterà nell’ordine: a vedere morire il figlio e impazzire la moglie; a scontrarsi col parroco del paese, che ricorda Don Camillo; a costringere la figlia vivere nel lutto vita natural durante per nove anni; a stimare eppure disprezzare il farmacista Fofò La Matina, uno che se ne tornò al paesello con lo scopo di impalmare la figlia femmina del marchese; il quale marchese, a sua volta, prima di ammuriri ammazzato, avrà un altro figlio masculo dall’amante jovine. Ad un tratto, colpo di scena: compare un cugino col vizio del gioco che si butta a pesce sulla proprietà e sulla virginità di'Ntontò, unica erede del marchese Peluso. E poi, altro colpo di scena: tutti i nuovi parenti muoiono accisi da una cena a base di belladonna, veleno potentissimo. Si salva solo Fofò La Matina, ma solo perché è l’assassino. In questo girandola vorticosa di passioni, omicidi, corna, follia e onore posticcio, la fanno da padrone le location picchiate dal sole e, soprattutto, la scrittura affabulante di Camilleri. Buona regia, ottimi attori, sceneggiatura teatrale. Certo, alle volte il racconto è un po’ lento, altre troppo barocco, altre volte ancora vive di una suspence scontata. Ma la storia attraversa il tempo. Dice Camilleri: “Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità”. Appunto…