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Dago In The Sky, l'arte spiegata in un videogame

D'Agostino contro i PacMan in un programma alato (anche troppo)

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Dadaismo e videogames Foto: Dadaismo e videogames
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“Sembra un gioco, ma non lo è, sembra un passatempo infantile, o intrattenimento per adulti rimbambiti ma non lo è: i videogiochi sono una forma d'arte completamente nuova, forse l'espressione artistica più eccitante dei nostri tempi”. Sigla.  Roberto D'Agostino in arte Dago è una rara forma di intellettuale -spesso a sua insaputa- che deve essere difeso come i panda. Non fa tv, ma, semplicemente, ottimizza autentiche performance artistiche. Quando, accompagnato dalla musica di Pulp fiction, pronuncia la suddetta frase aprendo L'arte del gioco, prima puntata del nuovo ciclo diDago In The Sky (Sky Arte, giovedì ore 21.15), Dago si getta in un oceano catarifrangente. L'argomento sono i videogames, la “reincarnazione delle mitologia al tempo delle tecnologia”, che Dago facendo roteare la mano gonfia d'anelli e tatuaggi, indaga come un Teseo armato di console. Dopodichè è tutt'esplosione di immagini e musica: Il volo del calabrone scortato dalle palline di Pong, primo gioco rudimentale basato sull'oscilloscopi0; eppoi la musica ansiolitica di Space Invaders e gli scacchi e le carte e i giri dell'oca del 500; e Gun Fight, altro game di culto sovrimpresso alla Torre di Babele; e Space Invaders evidente metafora del Diavolo medievale. Eppoi ecco apparire i giornalisti esperti di innovazione Jaime D'Alessandro e Federico Ercole, i quali raccontano dei computer giganteschi dell'Mit trasformati in macchine da divertimento; e il critico d'arte Gianluca Marzino che parla delle struttura orrorifica delle fiaba, clonato e fotografato in negativo come i personaggi che frequentavano la factory di Andy Warhol; e il solito Dago mefistofelico rappresentato in forma di omino elettronico inseguito dai PacMan. Si evocano i grandi del settore, Nintendo, SuperMario, Final Fantasy. E si racconta la storia di una stroboscopica arte contemporanea, mai tenuta in considerazione dalla stampa di massa (“salvo quando i giornali pubblicano notizie di omicidi ispirati dai videogiochi”). Si discetta di fascinosi “codici di massa”. E i 40 minuti scorrono nella creazione di un mondo onirico e sgocciolato, tra Pollock e le illustrazioni di Moebius. Un mondo spesso troppo alto, in cui non tutti hanno la strumentazione culturale per entrare. Ma siamo su Sky Arte, in effetti, dove la confezione spiazza almeno quanto il contenuto…    

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