Complimenti per la trasmissione

No, Non è la D'Urso: è proprio il top del "dursismo"

Francesco Specchia

Barbara D’Urso è la seconda potenza industriale della tv commerciale italiana (la prima è la De Filippi che però non possiede l’affabulazione teatrale e le phisique di Barbarella). La signora produce programmi che macinano ascolti, dilatano le emozioni, farciscono di pop il racconto con i sorrisi affogati nelle luci, le sorprese, le battutine; e spesso, nelle interviste, rappresentano perfino un modello d’informazione. Io sono tendenzialmente un fan del “dursismo” come modello di business e categoria dello spirito, come ero un fan del giornalismo di Sandro Mayer e delle fiction di Don Matteo. E il fatto che Live. Non è la D’Urso, nonostante la concorrenza del calcio, abbia ben debuttato, 2.796.000 telespettatori col 17.14% di share, ispira due tipi di considerazioni. Anzi, tre. Primo: l’idea di riproporre l’indomabile format dursiano– Pomeriggio Cinque e Domenica Live- in versione dilatata rubacchiando ad altri programmi (le sfere girevoli stile The Voice) è una buona soluzione per ottenere alti ascolti, evitando rischi sperimentali tipo Stasera che sera del 2011. Secondo: la conduzione a forza centripeta della D’Urso è una macchina da guerra. Nel riunire la famiglia Lecciso-Carrisi, con le note di Harry Potter, dopo anni davanti alle telecamere e condendo la carrambata con interventi di Malgioglio e Zanicchi (vestiti uguale, delizioso il duetto di quest’ultima con Albano) e Fracci ha scavato allegramente nell’animo umano. E lo stesso tipo di speleologia affettiva le ha permesso di far giganteggiare l’ospite Heather Parisi sulle uscite politiche della rivale Cuccarini. “Io non parlo di politica. Una persona deve parlare di quello che sa”, ha detto Heather; e noi subito ad evocare gli affaticati pensatoi dell’autorato televisivo. Terzo: la formula, per quanto trita, dell’uno contro tutti, scazzottate verbali sotto lo sguardo perculante di Barbarella (“Sono la prima cretina, e le mie amiche pure…), continua a funzionare. Tranne nel caso di Fabrizio Corona, della cui ospitata mi sfugge il senso, considerati gli ascolti e i precedenti da guerra atomica con il buon gusto e con la stessa conduttrice. Ma tant’è, se Mediaset si diverte in questa foga tafazziana, è un problema suo. Certo, poi, c’è la questione dell’originalità del progetto. Ma richiede un pezzo a parte. E non è un bel pezzo...