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Da Agorà a Nostre Damedal nostro medievista speciale

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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il medievista da Parigi Foto: il medievista da Parigi
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Nel racconto listato a lutto dell'incendio di Notre Dame c'è stato un momento di saturazione d'immagini e d'emozione; nell'arco di 48 ore la tv aveva ingoiato l'evento e cannibalizzato -spalmandole su tutti i programmi- le scene più strazianti. Non aveva, insomma, più nulla dire. Finché, almeno, Serena Bortone conduttrice di Agorà, nella puntata intitolata “L'attimo struggente”, non ha sfoderato come inviato speciale dal Lungosenna la figura ingombrate e drammaturgica di Franco Cardini, lo storico più tignoso in natura.  Il quale Cardini, passando di lì per caso, s'è trasformato in cronista appassionato. “Cardini mi sente, è lì?”, gridava Bordone evocando la voce roboante dello storico che a me ricorda sempre quella di Bernardo Gui nel Nome della Rosa. Ed ecco Cardini, livido in volto, mangiarsi il microfono: “Una volta tanto avrei preferito trovarmi altrove. Sono testimone casuale, arrivato sul Lungosenna ho visto la grande guglia, 93 metri di ferro e cemento crollare come un fiammifero. Io non piangevo dal '98, quando mi è morto il gatto, ma lì ho pianto pensando a questa grande preghiera architettonica puntata verso Dio che noi tutti consideravamo eterna…”. Eppoi, eccolo dare indicazioni in castigliano alla troupe (“Entre las torres… Scusate ma i miei operatori sono spagnoli” ); e annunciare un oscuro futuro (“Non è stato un buon presagio alla vigilia delle elezioni europee”); e vedersi interrompere il proprio reportage da un De Magistris qualsiasi collegato da Napoli. Bortone, passando al “tu”, lo richiama all'ordine, con le solite domande che tutti i conduttori, sul tamburo, pronunciano da studio quando latitano le notizie: “Cardini, Franco, sei ancora lì? Che cosa vedi?”. E Cardini, tempestivo: “C'è molta gente che passeggia, fotografa, il traffico ha ripreso a scorrere…”. Finisce che Cardini fa lo spiegone delle storia di Notre Dame e si commuove in diretta per la fine di un simbolo delle cristianità. Anche se, poche ore prima al Giornale, aveva dichiarato: “di originale è rimasto poco, anche se i visitatori possono avere l'illusione di trovarsi di fronte a uno schietto esempio di architettura medievale...”. Insomma, è entrato nella parte. E Bortone per una botta di culo, a gratis (all'apparenza: la cosa è stata scientemente studiata), s'è ritrovata un format: dal nostro medievista speciale…    

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