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Quegli strani dubbi su Spada a Un giorno in pretura

Il caso del naso rotto al giornalista con immagini inedite mi convince fino a un certo punto

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Piervincenzi e la conseguenza di un'intervista Foto: Piervincenzi e la conseguenza di un'intervista
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Quando mi appare in video la brava Roberta Petrelluzzi, di solito, un po' m'inquieto. Petrelluzzi è la conduttrice del cult Un giorno in pretura (Raitre, domenica ore 21.30) una canuta lady dal dialogo freddo e affilato come una sentenza, in grado di trasformare il processo reale in un legal drama, e di rendere una trucida giornata italiana di reati comuni in una puntata di Suits. L'altra sera, il suo programma ha mandato in onda il noto caso Spada, in cui Daniele Piervincenzi, inviato del programma tv Nemo, veniva colpito da Roberto Spada, il quale con una testata gli rompeva il setto nasale.  Al di là della parte tecnica – si doveva stabilire se si trattava di un gesto scaturito dall'ira del momento, oppure di un'intimidazione di un capo mafioso per non avere intrusi nel proprio territorio- il format scivolava su scene e spezzoni inediti della famigerata intervista. Però, osservandolo, fotogramma dopo fotogramma, avvertivo una sfasatura, qualcosa di sbagliato. Ho capito che cos'era leggendo un post su Facebook del collega Claudio Plazzotta di Italia Oggi: “Piervincenzi voleva intervistare Spada sulla questione Ostia-Casa Pound. Spada, da subito, gli ha detto che non ne voleva parlare. Piervincenzi è stato due ore, ripeto, DUE ORE, a tampinare Spada dentro e fuori dalla sua palestra. Spada, più volte, gli ha detto di andare via. E dopo due ore, ripeto, DUE ORE, gli ha ammollato una testata. Che non si fa. Ma secondo voi è giornalismo stare per due ore a scassare le palle col microfono sotto al naso a un tizio pericoloso che ti sta dicendo di andare via e che non vuole parlare con te?”. L'ho pensato pure io, diamine. Cioè, Plazzotta premetteva che Spada era delinquente, ma, scacciate le tentazioni buoniste, poneva un interrogativo: fino a dove deve spingersi l'improntitudine del cronista? Dove finisce il servizio e inizia la sfacciataggine dell'audience? E il dibattito sul web s'è infiammato. Si è parlato di freelance pagati solo se portano la notizia (non mi pare sia questo il caso), di colleghi che si sforzano più nel puntare i microfoni alla gola altrui, dello stile Report e di quello delle Iene. Ora, per Spada la sentenza deve essere il più esemplare possibile. E Piervincenzi continua ad avere la mia solidarietà. Ma ricordo, anni fa, un pezzo di Domenico Iannacone che, volontariamente, spostò la sua telecamera dalle lacrime della moglie di un politico incarcerato. Ecco, forse, è anche la sensibilità a fare il cronista…          

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