Complimenti per la trasmissione

Le Iene, Chiara Biasi, la tv generalista e l'inutile business degli influencer

Francesco Specchia

Il dubbio è amletico: chi, in Italia, per 80mila euro surferebbe su un assorbente gigante, per volare allegramente a cavallo di una tazza del cesso? Io, tenendo famiglia, seppur coperto da una maschera -di Topolino, di Trump, di V per Vendetta- probabilmente lo farei. Di sicuro non lo farebbe Chiara Biasi. Ossia la giovane influencer vittima di uno scherzo de Le Iene (Italiauno, domenica prime time). Le quali, facendole credere di essere la protagonista di una campagna stampa Vogue Cina, l’hanno trasformata ritoccandola al photoshop, inavvertitamente, in una testimonial mestruale. Quando le hanno comunicato l’inganno la ragazza è sbottata: "Questa cosa è un danno di immagine enorme. Ok, accetto di andare su un assorbente, ma per 80mila euro? Io per 80mila euro manco mi alzo la mattina e mi pettino". Poi, però, nonostante le bizze da Kim Kardashian dei poveri, i soldi li ha chiesti lo stesso, e hai voglia a spiegarle che era tutta una goliardata. Ora, confesso la mia ignoranza. Non avevo la minima idea di chi fosse Chiara Biasi. Poi, sul web ho visto che è “friulana, 27 anni, 1,4 milioni di follower su Instagram, una sua linea di costumi e un fidanzato calciatore”; ed è una che ci mette dieci minuti per scattare il “selfie perfetto. Alle più giovani dico sempre di non esagerare a mettersi in piazza e a darsi un tono. Io, quando rivedo cosa postavo a 14 anni, mi chiedo se in testa avevo segatura”. Dopo aver letto una sua intervista ho proibito a mio figlio piccolo l’uso del selfie, inculcandogli il timore, tipico degli aborigeni australiani, del furto dell’anima. Le Iene, con lei, inavvertitamente, hanno riacceso il dibattito sulla funzione sociale degli influencer. E’ lecito o non che gente che non fa nulla nella vita venga pagata da grandi aziende solo per sorridere e fare la bocca a culo di gallina su Instagram? Oramai molti marchi -primi fra tutti Dolce & Gabbana- stanno abbandonando questi clochard della pubblicità per mancanza di revenues: i ricavi in prodotti venduti di milioni di followers non valgono la spesa. In più qui c’è la grande vittoria della tv generalista, i cui scarti da reality diventano nella maggioranza, le inutili star dei social. Ma finché rimarrà un solo capo del marketing convinto che ogni emula di Chiara Ferragni possa avvicinarti al dio del fatturato, il nostro dissenso sarà senza requie…