Complimenti per la trasmissione

Quell'inutile, ipnotica liturgia dei Capodanni alla tele

Francesco Specchia

C’è qualcosa di malinconico, c’è tutta la drammaturgia delle famiglie infelici di Tolstoj, nei maledetti Capodanni che la tv italiana si ostina a celebrare. Odio le dirette delle feste di fine anno dalle piazze italiane. Eppure, per uno strano sortilegio, non posso farne a meno. Non prima, almeno di essermi sorbito il discorso del presidente della Repubblica (con Mattarella  10 milioni di spettatori, roba che neanche la Champions) di cui -se ci penso- non mi frega assolutamente nulla. Ed è un po’ come per gli oroscopi di Paolo Fox che ti metti a divorare negli ultimi giorni di dicembre, con la speranza -sempre disattesa- che per i Gemelli l’anno nuovo sarà un meno faticoso del precedente. L’altra sera, a chiudere il 2019, si scontravano Amadeus su Raiuno con lo show L’anno che verrà e Federica Panicucci con Capodanno in musica su Canale5 , rispettivamente dalle piazze di Potenza e Bari. La sfida degli ascolti l’ha vinta Ama col 20,4% di share contro la Fede ferma al 19,4%. Ma questo non ha importanza ai fini sociologici. Il punto, invece, è la sistematica, spiazzante audience per spettacoli slabbrati, da vecchio Cantagiro; programmini che, in qualunque altro momento del palinsesto, farebbero meno delle metà dell’ascolto. L’altra sera, a casa, ci riflettevo. I miei marmocchi devastavano il salotto; uno dei convitanti davanti al cotechino discuteva ora della cottura delle lenticchie ora della sua prostata; e il mio spumantino asfittico si apprestava a salutare con uno sbadiglio il nuovo ventennio. E lì occhieggiando dal tinello al countdown pugliese (tra i miei ospiti alcuni baresi erano tesi alla disperata ricerca, tra la folla, di volti amici), be’, ho cercavo di spiegarmi che ci azzeccassero Elettra Lamborghini con la Ruggiero, i ragazzi di Amici con Gigi D’Alessio, Orietta Berti con Rovazzi. Finché, non ricordo se prima o dopo la mezzanotte, mi è apparso Ivan Cattaneo in tutta la sua potenza di fuoco. Gonfio, liftato, indossava una giacca catarifrangente, si muoveva come Jabba The Hut tra ballerini snodati e soffiava nel microfono note già sentite. Era l’ennesima versione techno di Una zebra pois mixata a Tintarella di luna; Cattaneo le porta in giro sin da quando facevo le elementari. Ho rimesso il tappo alla bottiglia e me ne sono andato a letto. Il prossim’anno non mi avranno. Come al solito…