Complimenti per la trasmissione

Ma che strano sortilegio la tv tv senza pubblico (causa virus)

Francesco Specchia

C’è qualcosa di straniante, d’innaturale nello spettacolo di un programma di prima serata senza pubblico, causa Coronavirus. E’ un po’ come se al fabbro togliessero l’incudine, all’artista la modella, al politico il suo fluttuante elettorato. Eppure, s’è rivelata un’esperienza inedita osservare, l’altra sera, gli studi aeroportuali di Che tempo che occupati solo dagli ospiti, da Fabio Fazio e dal sorriso contenitivo di Filippa Lagerback: c’era il il professor Burioni che ci rendeva edotti sul contagio e c’era Massimo Moratti, incanutito, alle prese col mito nostalgico dell’Inter e di suo padre; c’erano certe battute della Littizzetto che senza applauso si sgonfiavano come soufflè mal cucinati. E, in quegli attimi, ci si poteva concentrare soltanto sui sorrisi, sulle pause di riflessione, sull’increspature d’espressione; e il suono del pubblico non distraeva, né avvolgeva le parole in strane sinestesie. Niente pubblico uguale nessun applauso a sottolineare un concetto formidabile o una battuta inopportuna; e nessuna inquadratura su sedie vuote per interrompere il filo di un racconto che possa sembrare noioso o inopportuno; e nessuna finta interazione del conduttore nel “coinvolgere” il pubblico (una paraculissima tecnica di prossemica sublimata  al cinema nella scena dell’incontro tra Joaquin Phoenix e Robert De Niro  nello studio tv del film Joker). L’ordinanza regionale anti-assembramento del governatore Attilio Fontana è stata democratica. Prima di Fazio era toccato a Live -Non è la D’Urso e a Tiki Taka, a Mattino 5, in fine a Le Iene per la “prima volta in 24 anni andate in onda senza pubblico”. Ma, guardate, non è affatto malaccio. Io sono dell’opinione che il pubblico serva a distrarre, quando addirittura non è costretto ad essere il metronomo della produzione. Ho visto, nei decenni, decine di segretari di produzione o assistenti alla regia dirigere, da dietro le telecamere, il flusso emotivo di un pubblico torpido, disinteressato e chiaramente presente per motivi alimentari; un drappello di inutile umanità che veniva risvegliato da quegli stessi tecnici che erano in grado sia di partire fragorosamente con la claque come se fossero in un coro gospel, sia di elevare al cielo cartelli laconici cartelli di comando (“Applausi!”, “Fischi!”). Inoltre, senza pubblico la capacità del conduttore risalta, il suo rispetto del tempo televisivo è sacro, lo stimolo all’improvvisazione s’inebria. Tv a porte chiuse. Forse il virus ha portato qualcosa di buono…