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Dilma e Lula, il Brasile rosso... di vergogna

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Il Brasile e' rosso. Di vergogna. I lunghi anni dell'amato (dai liberal globali) presidente Lula da Silva, l'ex sindacalista comunista che fece svoltare a sinistra il paese, e quelli della successiva salita al potere della sua fedele seguace ed erede, Dilma Rousseff, stanno finendo ingloriosamente. Un milione di dimostranti, un paio di giorni fa, e' sceso nelle strade per chiedere l'impeachment della ‘presidenta' , l‘epilogo di una storia di “mani sporche” che ha travolto l'immagine del “Workers party”, il comunista Partito dei Lavoratori, e che ha gia' fatto finire in galera decine di alleati politici di Lula-Rousseff. L'ultimo, il piu' importante, ad essere arrestato per corruzione e' stato l'ex tesoriere del Partito dei Lavoratori, Joao Vaccaro, e insieme a lui c'e' l'ex capo dello staff della Rousseff Jose' Dirceu de Oliveira Silva. Alla radice del malaffare governativo ci sono centinaia di milioni di dollari della Petrobas, l'azienda petrolifera del governo brasiliano, e di altre ditte del settore immobiliare, che hanno arricchito personalmente l'ex eroe della “rivoluzione brasiliana” Lula e una corte di suoi amici. E che hanno pure finanziato le casse del partito comunista, secondo il classico modello della politica corrotta. Dal 2003 al 2010, la Rousseff era stata a capo della Petrobas, posizione di enorme potere da cui aveva spiccato il salto a capo del governo al posto del suo padrino politico Lula. “Mister Da Silva, che aveva guidato il Brasile dal 2003 al 2010, aveva dovuto difendersi dalle accuse di auto-arricchimento da quando aveva lasciato l'ufficio”, ammette con nonchalance l'editoriale di oggi del New York Times. Il giornale dei liberal tifa sempre per i partiti di sinistra in tutto il mondo durante le campagne elettorali, e poi li scarica, in punta di penna, quando finiscono male. L'occasione odierna colta dal NY Times per criticare Rousseff e' la mossa della “presidenta” di richiamare al governo, come capo del suo staff, quello stesso Lula da Silva che l'aveva allevata, e che e' nei guai seri. L'intento, scoperto, e' di rendere piu' complicato l'operato della magistratura che sta indagando sulla dilagante corruzione che coinvolge il Partito dei lavoratori e che vuole portare alla sbarra Lula per i misfatti che sono stati gia' provati a carico di tanti altri membri dell'apparato del suo stesso partito, e non solo. “Mr Lula da Silva, un leader di sinistra, dice che non e' colpevole ed ha il diritto di avere il suo processo”, scrive con distacco il garantista New York Times. “Ma lui e Miss Rousseff vogliono ritardare quel giorno il piu' a lungo possibile dandogli le protezioni dalle incriminazioni di cui godono i membri del governo. Se l'ultima sua cantonata spinge gli sforzi di chi vuole il suo impeachment sulla linea del traguardo, Miss Rousseff potra' biasimare solo se stessa”, conclude il NYTimes. Tempi grami per un governo rosso quando viene scaricato cosi' dal New York Times. In America Latina, il vento della sinistra che aveva prodotto il peronismo (ora deposto) dei Kirchner in Argentina, lo Chavismo in Venezuela (in bancarotta), e il social-comunismo di Lula-Rousseff (sull'orlo del collasso economico e istituzionale) sta cambiando drammaticamente direzione. A resistere e' la dittatura comunista a Cuba e Obama, con la sua “apertura” , sta praticando di fatto la respirazione bocca a bocca ai Castro per tenerla in piedi. di Glauco Maggi  twitter @glaucomaggi

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