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Il sondaggio bomba sulle presidenziali Usa: Trump-Clinton, le cifre pazzesche della sfida

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Una grande crepa si e' aperta nelle speranze di vittoria dei clintoniani quando e' stato reso noto l'ultimo sondaggio incentrato su che cosa succedera' a novembre se i due concorrenti saranno Hillary e Donald. Secondo il “George Washington University Battleground Poll”, rilevazione bipartisan perche' condotta in collaborazione con il filo GOP The Tarrance Group e con il filo DEM Lake Research Partners, il distacco della Clinton su Trump si e' ridotto al 3%, 46 contro 43, ma con un margine di errore di 3 punti che statisticamente significa virtuale parita'. Finora i numeri erano sempre stati prevalentemente molto favorevoli alla candidata Democratica, con la media dei sei sondaggi dell'ultimo mese sui “faccia a faccia” con Trump, rilevata da RCP, che le da', ancora oggi  26 aprile, 8,5 punti di vantaggio, 49 contro 40,5. In precedenza nei sondaggi CBS, NBC e Usa Today i probabili votanti nazionali avevano scelto Hillary con percentuali a due cifre (10%, 11%, e 11% rispettivamente), e questo era l'argomento piu' forte usato dal partito “anti Trump” per ostacolargli la marcia verso la conquista della nomination. Ma il fronte anti Trump e' un'armata Brancaleone, con Ted Cruz e John Kasich che aritmeticamente non possono vincere i 1237 voti ma insistono, e il cosiddetto establishment del GOP, che non ha piu' rappresentanti che ci mettono la faccia (Mitt Romney e' sparito, e cosi' Jeb Bush e Marco Rubio) impantanato nell'illusione di veder spuntare un “cavaliere bianco” che non esiste, dopo che lo Speaker della Camera Paul Ryan, terza carica istituzionale, ha chiarito che fara' il chairman della Convention come capo imparziale del GOP. Il sondaggio GWUB ha rilevato anche che il 66% degli interpellati pensa che il paese stia andando “nella direzione sbagliata”,  e il 60% vuole che il prossimo presidente conduca l'America in una differente direzione: per migliorare l'economia (indicata come la questione piu' importante da affrontare dal 19% della gente), per aggiustare le disfunzioni nel governo (dal 14%) e per combattere le minacce dall'estero (dall'11%). E se la nazione vuole “cambiare rotta” e' di sicuro piu' Trump che non la Clinton a simboleggiare “il nuovo”. A questo proposito, ho da raccontare un'esperienza personale. Lunedi' sera a Manhattan ho potuto verificare il sentiment del mondo conservatore verso le elezioni di novembre partecipando a un incontro informale di una quarantina di repubblicani, businessmen e giornalisti, organizzato da Alexandra Preate, Ceo della societa' di PR  CapitalHQ. Ospite d'onore era il texano T. Boone Pickens, imprenditore e leggendario guru del petrolio e del settore dell'energia, introdotto dall'economista-scrittore-giornalista Steve Moore e dal conduttore di Fox Business TV Larry Kudlow. Altre presenze di opinion makers erano quelle di John A. Catsimatidis, miliardario greco-americano presidente e Ceo della maggiore catena di supermercati di New York (Gristedes), che e' stato un candidato sindaco per il GOP alle primarie del 2013 e ora fa il conduttore di un programma radiofonico di politica, e di John H. Fund, columnist per la National Review Online e per The America Spectator, due testate conservatrici. Il momento rivelatore e' venuto quando Moore ha chiesto all'ottuagenario Boone Pickens, paladino storico delle politiche di indipendenza energetica degli USA e favorevole all'uso del fracking per estrarre gas e petrolio dalle falde americane, chi preferisse, lui texano, tra il senatore Cruz e il businessman newyorkese. “Donald Trump” e' stata la risposta pronta. Al che Moore si e' rivolto ai presenti con un sondaggio improvvisato: “Chiedo di alzare la mano a chi, sotto ogni circostanza, non voterebbe mai per Trump”. Solo uno, su 40, l'ha fatto. I presenti all'evento erano un'elite, ma se si considera che proprio dai “quartieri alti” del GOP e dei media sono finora venute le riserve piu' forti contro Donald, mentre tanta gente normale e' salita dall'inizio sul suo carro, il mini-test di Manhattan fornisce un'avvisaglia di cio' che potra' avvenire quando i giochi saranno chiusi a Cleveland e il pianeta conservatore avra' di fronte la scelta secca: Trump o Clinton? di Glauco Maggi  

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