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Undici mesi per la nominationIn tre articoli la cavalcata di Trump

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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“Donald, spaccone sincero”. Cosi' avevo definito su Libero, il 16 giugno del 2015, chi sarebbe diventato 11 mesi dopo il nominato del GOP. Mi sono riletto quell'articolo, e altri successivi, perche' volevo vedere se ero stato partecipe del conformismo della stampa nel ridicolizzare la sua come un'impresa impossibile, assurda. Questo e' il Trump che avevo raccontato, giudicate voi. 16/6/2015. Dall'articolo sul suo annuncio della discesa in campo. “Oggi al lotto del GOP si e' aggiunto il dodicesimo candidato. Non uno dei tanti, ma l'unico a non avere problemi a essere lo smargiasso che e': Donald Trump, l'immobiliarista di successo globale che ha sfondato da una dozzina d'anni in una serie Tv nella parte dell'imprenditore che licenzia via via gli aspiranti al posto (vero) di manager nelle sue aziende, fino a trovare quello OK. Per l'irruzione nella corsa tra Jeb e Hillary ha scelto di fare uno show nella sua Trump Tower sulla Quinta Strada. Ha ‘licenziato' la classe politica in carica e chiesto alla gente di assumere lui, Donald, per aggiustare l'America (‘siamo la prossima Grecia', ha detto). Ha parlato come nessun professionista del Palazzo fa, usando epiteti verso ‘gli stupidi politici' che ‘non hanno la piu' pallida idea di come trattare con la Cina, con il Messico'. ‘Io sono molto ricco', e ha mostrato il foglio con la certificazione di una societa' di revisione del valore economico del suo brand, 9 miliardi di dollari. ‘Mi paghero' la campagna con i soldi miei, senza condizionamenti. Sapro' far tornare l'America grande: la nostra economia, il nostro esercito. E saro' durissimo con l'ISIS, vedrete. Spendiamo per l'educazione piu' soldi pubblici di tutte le altre nazioni al mondo in media pro-capite, ma siamo 25esimi per risultati. La competenza e' il fattore vincente, e il nostro governo e' fatto di incapaci'. Tutto un altro clima rispetto ai comizi dei protagonisti piu' celebri della campagna per il 2016, i “dinastici” Hillary Clinton e Jeb Bush, che si erano confrontati a distanza di 48 ore nel fine settimana: la democratica a New York e il repubblicano a Miami, negli stati di adozione in cui avevano avuto il loro battesimo politico di successo, lei senatrice e lui governatore. Per opposti motivi strategici interni, l'obiettivo di vincere le primarie dei DEM e del GOP li ha spinti entrambi a presentarsi con un profilo diverso da quello che e' loro attribuito dall'opinione pubblica prevalente. Il contrario di Donald, spaccone sincero”. 28/7/2015. Dall'articolo dedicato al primo sondaggio Washington Post-ABC con il balzo di Trump in testa, al 24%. “Poi, sulla scena, e' arrivato lui, e nulla e' stato piu' come prima. Lui e' Donald Trump, immobiliarista con oltre una decina di miliardi di proprieta' in tre o quattro continenti, creatore di brand dell'abbigliamento, organizzatore di concorsi di bellezza, conduttore di trasmissioni Tv e fondatore di accademie per insegnare il suo stile di management. L'incredulita' che ha circondato il suo chiassoso annuncio, un mese fa, nella iconica Trump Tower sulla Quinta Strada della sua New York, e' durata pochissimo. Nel comizio d'esordio aveva lanciato la sua ormai celebre provocazione (“Il Messico ci manda spacciatori e stupratori”) e l'ala radicale del GOP, quella piu' favorevole alla filosofia Law & Order e piu' sensibile alla denuncia dei guasti dell'immigrazione clandestina ha trovato subito il suo campione. Da allora e' stato un crescendo, di toni polemici e di consensi. Trump ha attaccato direttamente i suoi stessi compagni di gara, anche a parolacce come ha fatto con Perry, chiamandolo idiota. E a un monumento di partito, il senatore e veterano John McCain, Trump ha dedicato un'offesa blasfema: “Non e' un eroe di guerra per il fatto di essere stato prigioniero in Vietnam. Io preferisco i soldati che non si fanno catturare”, ha detto durante un discorso di una decina di giorni fa. Perry, l'ex governatore del Texas, ha reagito nella maniera piu' dura: “La candidatura di Donald e' un cancro nella politica dei conservatori, va diagnosticato chiaramente, isolato ed eliminato”. Tutto inutile. Pochi giorni fa Trump e' balzato al 24% nel sondaggio WashingtonPost-ABCNews, quasi doppiando Scott Walker, secondo al 13%”. 2/1/2016. In questo articolo lo avevo presentato come ‘un uomo partito'. “Donald Trump ha abrogato la legge che ha sempre governato le primarie presidenziali, quella che misura le potenzialita' dei candidati sul metro dei soldi elargiti dai grandi finanziatori individuali e dai SuperPac, i Comitati politici che possono raccogliere somme senza limiti e ‘affiancare' le campagne dall'esterno senza coordinarsi con loro. Quando era sceso in campo in giugno l'imprenditore di New York aveva preso l'impegno di investire solo soldi suoi, al limite accettando i contributi legali individuali minimi ‘per non essere condizionato da nessuno'. E, in ottobre, ha costretto i SuperPac, che erano stati costituiti dai fans contro la sua volonta', a sciogliersi, e a restituire il denaro raccolto. Questa strategia e' stato il modo piu' convincente per dire al pubblico, stanco degli intrallazzi delle lobby di Washington, che lui, Trump, e' ‘one man party', ‘un uomo partito', anche dopo aver firmato a fine estate la dichiarazione di lealta' al GOP. E questa ‘indipendenza assoluta' illustra meglio di ogni discorso la natura della squadra con cui il miliardario delle case e della Tv punta alla nomination. Impensabile e' cercare un ‘cervello' dietro Donald, uno del tipo di Karl Rowe per George Bush o di David Axelrod per Obama, due animali politici dalle ideologie nette e opposte, conservatrice e progressista. Trump, anche se oggi veste la casacca repubblicana, e' stato Democratico in passato, e nella campagna non ortodossa ha gia' mostrato la sua ‘flessibilita' ‘, per esempio sui patti di libero commercio e sulla politica verso Putin, che scandalizza i rigorosi conservatori dell'establishment”. di Glauco Maggi

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