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Trump o Hillary? I segnali dalla Wall Street "popolare"

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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L'economia e' stata spodestata da tempo dal terrorismo e dall'emigrazione nelle prime pagine dei giornali, ma un sondaggio diffuso oggi da FOX News dice che il 30% degli elettori la indica come prima preoccupazione, davanti a terrorismo (18%), educazione (10%), assistenza sanitaria (8%). Deficit federale e relazioni tra le razze sono al 6%, seguite a pari merito (con il 4%), da politica estera, cambio climatico e immigrazione. Eppure, il ruolo di “spia” del voto che Wall Street puo' giocare da qui a novembre non e' al centro dei temi della campagna ed e' stato finora poco analizzato dai commentatori. Si sa che Trump e' aspramente critico delle corporations e delle grandi banche, battuto nel disprezzo solo da Bernie Sanders che pero' e' fuori gara. Ed e' noto che Hillary e' l'amica del “big business” e delle grandi banche, Goldman Sachs in testa, che hanno pagato a lei e al marito milioni per i discorsi e con i versamenti alla famigerata Fondazione di famiglia. Oltre ai lobbisti degli “interessi speciali”, dai sindacati alle imprese sensibili al potere della politica, anche i dipendenti di hedge funds e di aziende high tech, da Google a Facebook, sono in forte maggioranza dalla parte dei DEM. Questi sono fatti acclarati, descrittivi di uno status quo che, bizzarro quanto puo' apparire, vede la sinistra “proletaria” dei DEM in sintonia con il “grande capitale” e la “speculazione finanziaria”. Ma c'e' poi anche la Wall Street “popolare”, quella del mondo degli investitori. Ossia la massa dei risparmiatori che detengono azioni e che “votano” ogni giorno scommettendo sul futuro dell'economia americana. Che entrano ed escono dai fondi comuni o dai singoli titoli quotati “annusando” il clima economico e politico. E, su questo terreno, cova qualche sorpresa. Secondo una nota e rispettata societa' indipendente di analisi finanziarie e di Borsa, Strategas di New York, che fornisce consulenza agli investitori istituzionali, “i prezzi delle azioni non hanno ancora pienamente dato per scontato una vittoria di Hillary”. Quando si tratta di scommettere con i propri soldi su chi sara' il presidente, insomma, gli americani mostrano a tutt'oggi una grande cautela. Anzi, secondo quanto dicono i prezzi borsistici attuali, leggermente propendono per il repubblicano. Jason Trennert, fondatore e Ceo di Strategas, nella sua newletter di fine agosto scrive che “il nostro portafoglio Repubblicano (ossia il campione di azioni dei settori che avranno un assai probabile beneficio dalla vittoria di Trump, come la difesa NDR) sta dando una performance di mercato superiore del 6,2% a quella del nostro portafoglio Democratico dal 5 luglio, giorno in cui l'FBI ha emesso il suo rapporto sulle emails di Hillary. Il portafoglio Repubblicano ha continuato a dare una performance migliore anche quando la campagna di Trump e' implosa a inizio agosto”. Quando, cioe', i sondaggi hanno virato decisamente a favore della Democratica. “E' il mercato che sta pensando che ci potrebbero essere maggiori dettagli, prossimi ad essere resi noti, sul conflitto di interesse della Clinton che potrebbero deragliare alla fine la sua candidatura?”, si chiede Trennert. “Oppure questo e' un falso segnale di mercato che sta creando un'opportunita' di acquisto per i settori del nostro portafoglio Democratico (salute e infrastrutture) ?”. Il lavoro tecnico di Strategas e' volto a far guadagnare gli investitori, non a favorire ne' a prevedere la vittoria di uno o dell'altro candidato. “I nostri portafogli elettorali per il 2012 funzionarono perfettamente fino al primo dibattito. Romney lo vinse e il nostro portafoglio Repubblicano ebbe una performance del 6% migliore di quella del portafoglio Democratico”, ricorda Trennert. “Il mercato poi non registro' la rimonta di Obama, e cio' creo' una opportunita' di guadagni per chi investi' in aziende della salute e delle infrastrutture, sottostimate. Il presidente DEM, quando vinse, implemento' infatti il suo programma e il portafoglio Democratico s'impenno', battendo l'indice S&P 500 del 40% nei successivi due anni”. Chi e' convinto oggi che Hillary abbia la vittoria in tasca, liberal o conservatore che sia, puo' insomma guadagnare in Borsa scegliendo i settori cari ai DEM, comprando i settori della salute e delle infrastrutture che sono attualmente “a sconto”. “Lo S&P 500 ha correttamente previsto 19 delle 22 elezioni presidenziali dal 1928 e tutte le elezioni politiche sin dal 1984”, scrive Strategas per spiegare la fondatezza della sua metodologia di analisi. “Se le azioni sono piu' alte (Toro) nel periodo dei tre mesi che precede il voto, il partito che e' in carica vince, e viceversa. Cio' ha senso intuitivamente. Un mercato che va verso il basso (Orso) riflette un trend negativo per l'economia, che non e' cosa buona per il partito che e' al potere (cosi' fu nel 1992, nel 2000 e nel 2008). Comunque, l'incertezza associata ad un nuovo presidente potrebbe incidere sui mercati finanziari nel breve termine”. di Glauco Maggi

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