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Da NeverTrump a SuperTrump: l'effetto di Donald sui repubblicani

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Forse non e' “classy” girare il coltello nella piaga della sinistra sconfitta, ma lo stimolo a farlo viene nel vedere che i media, non paghi della lezione inflitta ai DEM da Trump l'8 novembre, solo dieci giorni dopo sono gia' li' che cambiano soggetto, che si concentrano sulle “crisi” e sulle ”liti” nel GOP che sta discutendo sulla squadra di governo che verra' (fra due mesi) . L'intento dei giornalisti “orfani” dei peana lirici che avevano in serbo per Hillary e' di dare un messaggio di consolazione ai filo-democratici affranti. OK. Ma per le future fortune del partito di Sanders (che in verita' ha detto che non si iscrive ai DEM e resta Indipendente, anche se entra nella direzione democratica in Senato) e del complottista Keith Ellison che punta a fare il presidente del Comitato Democratico Nazionale, consiglierei agli opinion leaders sotto choc di andare a fondo nell'analisi della batosta: un'autopsia completa e veritiera e' cio' che aiuta l'elaborazione del lutto, e puo', magari, accelerare la resurrezione. Sintomatico del distacco tra commenti e realta' e' un mito che ha tenuto banco per tutta la campagna: quello del “chi tocca Trump muore”. I democratici si crogiolavano nell'idea che Trump a capo del ticket presidenziale sarebbe stato il cappio al collo dei repubblicani candidati locali che comparivano sulla stessa scheda, in lizza per altre cariche, sotto il nome-vergogna del candidato presidente: i deputati e senatori per il Congresso, i governatori, e i deputati e senatori delle legislature statali avrebbero perso di sicuro di luce riflessa. Persino nel GOP, l'argomento “forte” dei NeverTrump era che, con Donald, i repubblicani potevano scordarsi il controllo Senato, e forse persino della Camera, come a un certo punto disse fiduciosa Nancy Pelosi, leader della minoranza DEM. E' successo l'opposto, e da palla al piede del resto del partito il Donald si e' trasformato nel centravanti trascinatore. Del Senato e della Camera ancora sotto controllo GOP e' stato scritto per dovere di cronaca da tutti. Ma nessuno – e anche negli USA solo qualche addetto ai lavori - ha scattato la fotografia dell'intero paese che si e' colorato ancora piu' del rosso del GOP, riducendo il blu dei DEM a poche regioni, per lo piu' sulle due coste. Nel parlamento del Kentucky, per fare uno zoom particolarmente significativo, i repubblicani hanno vinto la maggioranza per la prima volta da un secolo, spazzando via la sola presenza che i DEM avevano mantenuto in tutto il Sud. E in totale, secondo i conteggi della bipartisan Conferenza nazionale delle Legislature Statali (National Conference of State Legislatures , NCSL), i repubblicani hanno conquistato altre 5 Camere e due Senati statali rispetto al livello record che era stato gia' raggiunto dal GOP nel 2014. Ora il partito di Trump ha il controllo di 67 (il 68%) delle 98 aule legislative (camere e senati) dei 50 stati, piu' del doppio delle 31 aule in cui sono maggioritari i democratici. “Cio' e' piu' di ogni altro periodo nella storia del partito repubblicano, che oggi occupa un totale di seggi, oltre i 4.100 su 7.383, che e' il massimo mai avuto dal 1920”, riporta la NCSL. Nel 2017 il GOP controllera' entrambi i rami dei parlamenti locali in 32 stati, questo e' un altro record, mentre i DEM avranno il controllo di 13 legislature. In 24 dei 32 stati le cui due aule – camera e senato - sono entrambe controllate dal GOP , gli elettori hanno scelto governatori repubblicani. All'opposto, solo in sei stati i DEM fanno la “tripletta”, il governatore piu' le due aule legislative. Quando Obama entro' in carica nel 2009, i DEM controllavano sia la camera sia il senato in ben 27 legislature, mentre i repubblicani ne avevano 14. Da allora il partito del presidente ha perso un totale di 919 seggi nelle legislature dei 50 stati. I DEM nel 2009 avevano 1024 senatori statali, su 1971, contro gli 889 in mani repubblicane. Nelle camere statali, i DEM contavano 3058 seggi su un totale di 5411, contro i 2334 repubblicani. Ora ci sono 3029 deputati statali repubblicani contro 2340 democratici, un ribaltone pieno rispetto al 2009. I governatori Democratici erano 28, contro i 22 del GOP. Ora i repubblicani ne hanno 31, contro i 18 dei DEM (in Alaska il governatore e' un Indipendente). “I repubblicani hanno battuto le aspettative”, ha commentato Dan Diorio, esperto delle politiche alla NCSL. “Avendo gia' raggiunto il picco del controllo nella storia del partito nel 2014, i repubblicani manterranno un simile livello di controllo in un anno in cui molti si attendevano per i DEM un guadagno netto in seggi nelle due aule e nelle legislature”. “Tutti quelli che avevano detto che Donald Trump sarebbe stato una zavorra per i repubblicani candidati ad altri posti nella stessa scheda elettorale adesso si stanno di sicuro rimangiando le parole”, ha detto al sito CNSNews.com Lisa Nelson, Ceo dell' American Legislative Exchange Council (ALEC) . “Quando parlo con quelli del GOP negli stati, la maggior parte di loro mi dice che hanno conquistato seggi al senato o alla camera proprio per la presenza di Trump sulla scheda. Penso che si tratti di quelle donne e uomini ‘dimenticati' di cui si parla oggi, gente che non si facevano vedere nei seggi in passato”. di Glauco Maggi

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