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Trump prepara la vendetta contro Comey: l'ultima mossa del presidente

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Trump e' passato al contrattacco stamattina, con la prima dichiarazione dopo la deposizione di Comey di giovedi'. “A dispetto di cosi' tante dichiarazioni e bugie, totale e completa discolpa…. E WOW, Comey e' un leaker!”, ha twittato il presidente. Leaker e' chi 'rende pubbliche informazioni che devono restare riservate' e quando lo fa commette un reato. L'aver enfatizzato la confessione di Comey, davanti alla Commissione del Senato, che era stato proprio lui, l'ex direttore dell'FBI, a dare alla stampa il “memo” della cena a due del 14 febbraio, e' il segnale che Trump prepara un'offensiva legale per demolire la credibilita' del suo vendicativo accusatore e portarlo sul banco degli imputati. Tra gli esperti di diritto e' gia' partita la discussione sulla natura del colloquio nella Stanza Ovale. La tesi di Comey, che ha espresso di passaggio nelle risposte, e' che quando ha fatto avere al New York Times il contenuto del memo, attraverso il suo amico Dan Richman, professore di legge alla Columbia University, l'ex direttore FBI era “un privato cittadino”. Ma il punto non e' questo. Il punto e' che  Comey ha scambiato commenti e informazioni con il presidente mentre lui era in carica come capo dell'FBI, e che quanto detto in quella sede, la piu' istituzionale che si puo' immaginare, e' diventato istantaneamente materiale riservato governativo. Comey pensa di essere il piu' furbo di tutti, e ha detto che ha trascritto nel memo la comunicazione intercorsa con Trump in modo che “non fosse classificata”, e quindi divulgabile al pubblico in seguito. Ma costituzionalmente non e' a lui, ma al presidente stesso, che spetta la valutazione sulla “classificazione” di una notizia. Comey aveva il diritto di dare al pubblico il contenuto della chiacchierata, se riteneva che ci fosse una pressione di Trump per ostruire la giustizia, una volta uscito dalla Casa Bianca: in quel caso avrebbe infatti denunciato a caldo un reato. Ma avrebbe contestualmente dovuto rassegnare le dimissioni per l'impossibilita' di continuare a lavorare al servizio di un criminale, e lui ci teneva alla carica. Oppure, per linee interne, avrebbe dovuto e potuto denunciare il comportamento di Trump, se lo riteneva illegale o anche solo inappropriato, al proprio superiore gerarchico al Ministero della Giustizia, o all'ufficio legale della Casa Bianca. Ha invece scelto una via bifida, meta' Smowden e meta' Edgar Hoover. Meta' rivelatore di informazioni delicate – quindi coperte - all'interno dell'amministrazione, e meta' complottista in capo: uno che raccoglie dossier per preservare il posto, come il primo direttore dell'FBI che divenne famoso per l'accumulo di segreti sui presidenti e che riusci' a morire nel suo letto grazie ai ricatti. Oggi Comey e' diventato l'eroe della sinistra DEM, che spera di giocare la sua carta per arrivare all'impeachment. Ma era gia' stato “politico” nel luglio del 2016, quando l'America era convinta che tra Hillary e Trump non ci fosse partita. Allora Comey assolse la Clinton. E in quale altro modo si puo' leggere lo scagionamento della candidata nella faccenda della indagine sul server e le email, se non come una polizza sul suo posto di direttore FBI per dopo l'8 novembre? E' stato Comey stesso a rivelare ieri che l'allora ministra della Giustizia Loretta Lynch gli ordino' di usare, per l'indagine in corso a quel tempo sulle email, lo stesso termine utilizzato dalla campagna della Hillary, ‘questione', e non quello proprio, “indagine, investigazione”. “Mi nauseo' anche il vedere che Bill Clinton si era incontrato con la ministra Lynch”, ha avuto pure la spudoratezza di ricordare ieri Comey alludendo all'evidente pressione politica da parte dei Democratici per sostenere Hillary. Non a caso Obama stesso aveva gia' fatto da mesi la dichiarazione assolutoria “Hillary non ha fatto del male con le email”, dettando la linea che poi la Lynch, e lo stesso Comey, hanno docilmente assecondato.  Ma nessuno parlo' allora di ‘interferenza nella giustizia'. Comey, la pecora “nauseata” dalla Lynch quando si trattava di assolvere Hillary dalle sue provate illegalita', si e' fatto leone contro Trump, ma solo dopo essere stato cacciato. La sua sete di vendetta gli si puo' ritorcere pero' contro, tanto e' stata condotta in modo maldestro. Nella sostanza Comey ha rivendicato di aver complottato per provocare la creazione di uno speciale procuratore su Trump & Flynn & Russiagate, facendo il leaker del memo. L'avvocato di Trump Mark Kasowitz ha detto che depositera' una querela presso l'Ufficio dell'Ispettore Generale del Dipartimento di Giustizia e che mandera' una lettera di protesta alla Commissione Giudiziaria del Senato a proposito della testimonianza di Comey sull'aver orchestrato il leak (la rivelazione illecita) dei contenuti della conversazione a due con Trump. Da accusatore ad accusato. Il “privato cittadino” Comey non ha davanti solo una carriera da funzionario pubblico irreparabilmente stroncata, ma anche qualche probabilissima conseguenza giudiziaria. di Glauco Maggi  

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