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Trump sulle tasse segue la strada du Reagan e Clinton

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Dopo il flirt con Chuck Schumer e Nancy Pelosi, i due leader Democratici in Congresso, che ha prodotto il primo atto legislativo bipartisan (il pacchetto di aiuti per Texas e Florida e il rialzo per tre mesi del tetto del debito federale, come ho scritto in un precedente articolo sul mio Blog), Trump accelera nella sua corte ai DEM. Per martedi' 12 sera ha organizzato una cena a sei alla Casa Bianca, con 3 DEM e 3 del GOP, per parlare di riforma delle tasse. Il presidente, tra i motivi che l'hanno convinto a stringere l'accordo con “Chuck e Nancy”, ha citato la volonta' di aiutare subito gli Stati colpiti da Harvey e Irma perche' non voleva che il paese vedesse Washington litigare sui tempi tatticamente migliori, per i due partiti, di rinvio del debito. Ma ha anche detto che voleva sgombrare il tavolo politico per fare spazio a un obiettivo che considera decisivo per le fortune del paese, e di riflesso della sua presidenza: la legge di riforma del sistema fiscale, con i tagli delle aliquote promessi nella campagna elettorale per le famiglie e le imprese. Al meeting  sono cosi' stati invitati, e hanno accettato di partecipare, i senatori DEM Joe Manchin della West Virginia, Heidi Heitkamp del Nord Dakota e Joe Donnelly dell'Indiana. Tra i repubblicani, due sicuri partecipanti sono Pat Toomey della Pennsylvania e John Thune del Sud Dakota. I tre DEM non sono stati scelti a caso: rappresentano 3 Stati che Trump ha vinto con grandi margini nel 2016, e sono tra i senatori DEM che scadono nel 2018 e che hanno la rielezione ad alto rischio. L'essere stati eletti in Stati notoriamente filorepubblicani significa che, oltre a qualita' di leadership apprezzate dagli elettori locali, i 3 DEM hanno posizioni moderate, non ortodosse secondo il moderno credo ideologico che domina il partito DEM dei Sanders e delle Elizabeth Warren. Essere “vicini” a Trump, insomma, e' la miglior carta che sperano di giocare per se stessi nel novembre del 2018, e Trump l'ha offerta loro confidando che saliranno sul carro del GOP sulla partita dei tagli fiscali. Ma il presidente andra' ben oltre il dinner che rompe il ghiaccio. La Casa Bianca sta pianificando un autunno di grande mobilitazione, con non meno di 13 visite di Trump in altrettanti Stati in sette settimane. I comizi, gli incontri nei municipi con domande e risposte, le interviste a Trump e ai suoi surrogati sulla stampa locale serviranno a promuovere, tra gli elettori al di fuori del Palazzo, l'esigenza e i vantaggi della riforma fiscale. E' ancora bruciante per Trump la sconfitta, nei mesi scorsi, del “non passaggio” della cancellazione e del rimpiazzo di Obamacare in Congresso, e il presidente si e' convinto che e' stata anche colpa sua. Non si era infatti speso personalmente tra le gente per appoggiare la riforma sanitaria del GOP, e non aveva generato quella energia periferica che si traduce nella propaganda diffusa e nella pressione sui parlamentari locali che sono indispensabili a motivarli e a condizionarli al momento del voto in aula. La nuova strategia della comunicazione e' stata spiegata dai consiglieri di Trump a circa una quarantina di quadri e di alleati in una riunione a porte chiuse qualche giorno fa. La scelta degli Stati privilegia quelli in cui Trump ha vinto in novembre e che hanno senatori DEM in scadenza nel 2018, come i tre della cena. Anche se il piano non e' ancora ufficializzato, alcuni partecipanti alla discussione hanno citato Florida, Indiana, Michigan, Montana, Ohio e Pennsylvania quali mete sicure. Trump, che aveva corso sbaragliando i repubblicani, e' insomma maturo per tentare di fare la cosiddetta “triangolazione”, che e' la strategia politica che a Ronald Reagan e a Bill Clinton apri' la porta a successi legislativi che lasciarono un segno positivo nell'economia e nella societa'. Reagan, lavorando con lo Speaker della Camera Tip O'Neill, Democratico, riusci' a ottenere quella riforma delle tasse che garanti' un decennio di crescita dirompente. Bill Clinton, quando i DEM andarono in minoranza alla Camera nelle elezioni di medio termine durante il suo primo mandato, “triangolo' ” con lo Speaker Newt Gingrich, il capo del GOP. Il risultato fu la firma di Bill sulla legge di riforma del welfare (“L'era del Grande Governo e' finita”, arrivo' a dire Clinton): un provvedimento che cambio' la cultura ammorbante dell'assistenzialismo che disincentivava il lavoro, e che aiuto' a creare prosperita' e posti di lavoro. Il clima attuale di divisione nel paese tra la destra conservatrice e la sinistra radicalizzata non autorizza pero' ad essere troppo ottimisti sulla “triangolazione” di Trump. Il presidente, a suo vantaggio, e' stato sempre esplicito nel non presentarsi come il classico repubblicano, e i sondaggi post voto hanno mostrato che dietro di lui ci sono legioni di Indipendenti, e di operai, sindacalisti, classe media transfughi del partito Democratico. Non solo: capitalizzando sullo scarsissimo appeal della dirigenza del GOP tra gli elettori repubblicani durante le primarie (che infatti hanno scelto lui su tutti gli altri) il neopresidente e' oggi il leader di un neo-partito. Quattro dei suoi elettori, dice un sondaggio recente del WSJ-NBC, ha detto di averlo mandato a Washington perche' cambiasse il modo di fare business politico nel Palazzo. Solo uno lo ha eletto convinto che avrebbe portato avanti le politiche tradizionali repubblicane. Stando cosi' le cose, Trump farebbe minor fatica a “triangolare” con i DEM di quanta ne avevano fatta Reagan e Clinton, ortodossi nelle loro credenze. Certo, bisognera' capire quale compromesso potra' essere raggiunto con i leader dei DEM, che hanno a loro volta un problema non da poco, oltre che ad essere in minoranza: conciliare la tentazione di “piegare” Trump a qualche loro obiettivo politico (Spese per le infrastrutture ? Immigrazione ? Tagli alle tasse, ma esclusi i ricchi e le corporation ?) con l'abbraccio a un presidente che la maggioranza degli elettori democratici sperano ancora che sia eliminato con l'impeachment. Ma il travaglio che le aperture bipartisan di Trump produrranno, anzi stanno gia' creando, nelle schiere dei DEM ancora sotto choc per la sconfitta di Hillary e' materia per una prossima analisi. Quando, e se, prendera' quota davvero la “triangolazione”. di Glauco Maggi

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