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Dicono che Trump sia pazzo, ma ci sono pazzi che frenano la sua riforma ammazza-tasse

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Da otto mesi c'e' Trump alla Casa Bianca, e la realta' sta ribaltando le premesse con cui il partito repubblicano s'era ritrovato a fronteggiare una vittoria inattesa. Donald doveva essere il “pazzo” a cui mettere la camicia di forza dell'esperienza e della ragione politica, e i parlamentari del GOP, in controllo delle due camere anche grazie al suo ‘trascinamento', dovevano essere i traduttori assennati di quella agenda conservatrice attorno alla quale si erano - alla fine - aggregati nella convention della nomination: cancellazione e rimpiazzo di Obamacare, riforma fiscale con tagli delle tasse, deregolamentazioni (le misure per stimolare la crescita), e nomina di un giudice conservatore e costituzionalista per la Corte Suprema. Il neo-presidente era visto ( e per come aveva condotto la campagna l'impressione non era peregrina) come un personaggio non gestibile dai gruppi di pressione (essendosi finanziato da se' la campagna delle primarie), quindi non maneggiabile. Pragmatico ideologicamente (aveva finanziato nel suo passato da imprenditore piu' DEM che repubblicani). Politicamente naive, un pesce fuori dall'acqua rassicurante e placida dell'establishment. Non considero qui l'atteggiamento dei liberal e del partito democratico. Da oppositori naturali, e sconvolti a livello da supporto psicologico per la sconfitta della Clinton, hanno subito soffiato su tutto quello che poteva prendere fuoco per rimuovere d'ufficio Trump, dall'impeachment al 25esimo emendamento (quello che permette di cacciare dalla Casa Bianca chi sia fuori di testa o in coma). Ma questo loro approccio non era sorprendente: con tutti i media del mainstream  scatenati nel NeverTrumpismo - che aveva aperto nell'anno prima del voto crepe rilevanti persino nello stesso GOP -, tutto era buono per togliere al neopresidente l'ossigeno di cui ogni amministrazione ha bisogno per governare: la possibilita' di farsi giudicare per quello che combina. Di qui, la caccia alla collusione con Putin, con mesi di Russiagate e di giudici e commissioni congressuali che hanno monopolizzato la “narrativa” degli opinionisti. Per non citare le polemiche sul Muro e sui bandi che volevano vietare l'ingresso dei cittadini di alcuni paesi islamici: secondo Trump per proteggere la sicurezza nazionale contro i terroristi; secondo i critici per il razzismo e l'islamofobia di Donald. Quegli ordini esecutivi, bloccati dai giudici di primo grado degli Stati Blu, erano costituzionalmente legittimi, come alla fine ha stabilito la Corte Suprema. Ma erano stati scritti da uno staff inadeguato, e pressato da un presidente dilettante e impaziente, e cio' ha contribuito a deragliare l'avvio della presidenza peggiorando via via il rating di Trump, che ha toccato in estate il minimo del 37%. Intanto, pero', il Congresso a maggioranza del GOP aveva il suo compito da eseguire, e i dirigenti di camera e senato avevano intrapreso la battaglia per eliminare la vecchia Obamacare. Trump ha fatto la sua parte, garantendo che avrebbe firmato qualsiasi legge di riforma sanitaria fosse stata approvata dal GOP: lui l'aveva promesso nella campagna presidenziale, ma i deputati e i senatori repubblicani, tutti, l'avevano assicurato come impegno per farsi eleggere nel 2010, 2012, 2014 e 2016. Quello che e' accaduto, ossia i consecutivi rovesci legislativi degli ultimi mesi del GOP, hanno cosi' fatto mancare a Trump un successo che avrebbe dato lustro alla sua presidenza. Ma hanno anche svelato la nuova “realta' “. L' irresponsabile “pazzo” non e' piu' lui, che ha ben chiari gli obiettivi concreti necessari a far grande l'America. Intanto, dopo che la sua nomina di Neil Gorsuch alla Corte Suprema ha raccolto il plauso unanime dei conservatori e dell'opinione pubblica non smaccatamente liberal per la qualita' del giudice, il presidente sta deregolamentando e riformando senza sosta, in sostanziale assenza di un riconoscimento pubblico, nei settori delicati per la creazione di posti di lavoro e per lo sviluppo economico in cui puo' agire in proprio, senza il Congresso: dall'energia all'educazione, dalla immigrazione clandestina alla protezione delle forze dell'ordine (per non parlare della politica estera, dove ha realizzato significativi progressi nella partita con la Corea del Nord, convincendo i cinesi all'embargo bancario).   Pur con tutto il suo modo di operare istintivo, anticonvenzionale, esposto agli attacchi dei media di sinistra e dei DEM, sta dimostrando di avere ben chiare le priorita' politiche. Ha gestito bene gli uragani e ha risvegliato il patriottismo fronteggiando con decisione gli atleti anti-bandiera e anti-inno. Ma ha pure fatto mosse bipartisan che hanno spiazzato il GOP (trattando con i vertici DEM la questione dei giovani clandestini da “salvare” dalla deportazione iniqua). In settimana, ed e' l'azione potenzialmente piu' rilevante del suo primo mandato, ha presentato un piano di tagli delle tasse che ha riscosso alti voti dal Wall Street Journal, e dagli economisti “reaganiani” e pro-crescita. Trump e' quindi perfettamente ragionevole, non piu' pazzo. L'anomalia politica-personale, oggi, e' piuttosto nel manipolo di senatori che hanno affondato la riforma di Obamacare, votando contro la proposta Graham- Kassidy che l'avrebbe salvato in extremis il GOP e Trump. Sono tre personaggi che non hanno niente in comune politicamente, anzi. Susan Collins, moderatissima che vuol fare la governatrice del Maine, stato a maggioranza democratica, e che e' anti Trump dalla prima ora; Rand Paul, il libertario del Kentucky che non accetta alcuna soluzione di compromesso ma vuole sempre il tutto o il niente; e John McCain dell'Arizona, malato di tumore al cervello, che non ha mai superato la delusione di aver perso la corsa a presidente nel 2008, e che ha visto nel 2016 Trump riuscire nell'impresa: all'invidia, ha aggiunto la voglia di vendetta, perche' Donald aveva detto che non gli piacciono quelli che sono considerati eroi perche' erano stati fatti prigionieri (e McCain, che lo era stato in Vietnam, vi ha costruito la carriera in Congresso). Siccome bastano tre voti contrari al Senato perche' i repubblicani sono 52 contro 48 DEM, se la banda dei tre insiste nel fare la guerra personale contro Trump non c'e' da avere speranza neppure nel passaggio della riforma fiscale. Trump, e i due leader della camera Paul Ryan e del senato Mitch McConnell, riusciranno, magari, a coagulare tutti gli altri attorno al progetto di legge fiscale. Ma ad avere l'ultima parola sarebbe comunque la banda dei tre. Una vittoria nel riordino delle aliquote per i redditi privati (ridotte a 3 da 7 che sono ora) e un calo dal 35% al 20% della tassa sugli utili aziendali sarebbero il trionfo del presidente. Ma soprattutto della ragionevolezza politica, almeno come la vedono tutti i conservatori americani votati allo sviluppo e alla prosperita' economica. Del resto, l'ex pazzo Trump ha gia' miracolato il PIL, che nel secondo trimestre e' cresciuto del 3,1%, e fatto balzare la Borsa USA ai suoi massimi, con il + 15% da quando e' stato eletto. Il 49% degli americani promuove ora Trump per come si muove sul terreno economico, ed e' di ieri il balzo al 45% di approvazione generale secondo Rasmussen, sondaggista che di solito anticipa il resto delle rilevazioni. I “pazzi” sono altri, se per motivi di astio personale e di insano personalismo dovessero sbarrare il passo della riforma delle tasse perche' e' firmata Donald Trump. di Glauco Maggi

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