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La vittoria democratica in Alabama? E' un autogol dei repubblicani

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Perdere un'elezione in Alabama, il piu' rosso degli stati del sud che un anno fa diede a Trump una sonante vittoria per 62,1% contro il 34,4% di Hillary, era un risultato impossibile, sulla carta. Ma il GOP c'e' riuscito, e cosi' da gennaio la sua maggioranza in Senato si ridurra' da 52 a 48 a 51 a 49, perche' sara' il Democratico Doug Jones, ex giudice nominato da Clinton, a coprire il vuoto lasciato da Jeff Sessions, nominato dal presidente Trump al ministero della Giustizia 10 mesi fa. Lo sconfitto nominale della contesa e' Roy Moore, il conservatore ultrareligioso, bigotto orgoglioso, antiaborto e antigay, ex capo della corte suprema dell'Alabama che per due volte era stato rimosso dalla posizione per ordini legittimi delle corti federali: si e' fermato al 48,4%, mentre il suo avversario ha toccato il 49,9%. Il numero dei votanti racconta la storia vera della debacle, pero', anche se, come ha twittato Trump immediatamente dopo lo spoglio, “una vittoria e' una vittoria, e mi congratulo con Jones per la sua campagna duramente combattuta”. Quando Trump conquisto' tutti i Grandi Elettori dell'Alabama nel novembre 2016, alle urne andarono, per lui, un milione e 318.255 votanti, contro i 729.547 che scelsero la Clinton. Ieri, per Jones hanno votato 671.151 alabamiani, contro i 650.436 che hanno sostenuto Moore, con 22.819 cittadini che si sono presi la briga di andare al seggio e scrivere sulla scheda il nome di un candidato non previsto, chiara forma di protesta con cui i piu' arrabbiati dei repubblicani anti Moore hanno voluto ufficializzare il loro disprezzo per il candidato di Steve Bannon. E Bannon, appunto, e' lo sconfitto politico in senso stretto. Ex consigliere di Trump, il nazional populista ex Goldman Sachs ed ex produttore di Hollywood era tornato a dirigere il sito ultraconservatore Breitbart dopo essere stato rimosso, dopo pochi mesi, dal suo ruolo di “eminenza grigia” alla Casa Bianca per l'impossibile convivenza con il nuovo establishment trumpiano: la figlia Ivanka, il marito Jared Kushner, e la triade di ex generali di alto rango, stimati anche dai detrattori del presidente, che hanno via via occupato i ruoli centrali di capo staff, di capo della sicurezza nazionale e di capo del Pentagono, ed oggi lavorano d'intesa con Trump nella gestione della politica internazionale. Bannon, che dall'inizio della sua breve esperienza alla Casa Bianca aveva sempre dichiarato esplicitamente di voler far dimettere l'attuale capo dei senatori repubblicani Mitch McConnell dalla sua posizione perche' moderato, e' stato l'artefice del voto di protesta contro i vertici repubblicani nazionali durante le primarie in Alabama, una sommossa che ha prodotto la vittoria di Roy Moore. Si ricordera' che lo stesso Trump, nell'occasione, fece campagna e comizi a favore di Luther Strange, che aveva l'appoggio di McConnell e della dirigenza del GOP a Washington. L'esplicito appoggio di Trump servi' solo a far guadagnare qualche voto percentuale a Strange, che perse con il 45,4% contro il 54,6% per Moore. Anche qui, e' importante riportare il numero dei votanti, che furono 262mila per Moore e 218 mila per Strange, per poter trarre conclusioni politiche affidabili sul significato del fiasco repubblicano in Alabama e sulla sua portata nazionale: solo un sesto dei “Trump people” voleva Moore alle primarie, e solo la meta' dei “Trump people” ha votato Moore consegnando la vittoria a Jones. I Democratici sono comprensibilmente estasiati per la vittoria, anche se per autogol  dell'avversario. Il senatore DEM dall'Alabama rossa si aggiunge alla conferma del governatore DEM nello stato blu della Virginia pochi mesi fa, e i sondaggisti filo DEM sperano che i due successi del 2017 siano l'antipasto di una scorpacciata alle elezioni di medio termine nel novembre del 2018, quando il GOP potrebbe perdere l'esile maggioranza che ha ora in Senato ed anche subire un ribaltone alla Camera. Del resto, sarebbe quello che e' successo a Obama, che nel 2010 perse il controllo alla Camera a causa di Obamacare e del superstimolo da quasi 1000 miliardi, leggi fatte passare con i soli voti Democratici. Trump e' in procinto, se le trattative su un testo unificato di riforma fiscale fra i repubblicani del Senato e della Camera vanno a buon fine come pare, di firmare prima di Natale una legge di tagli delle tasse destinati a promuovere consumi e ripresa del PIL oltre il 3% per tutto il 2018. Se fosse questo il futuro legislativo e dell'economia, i repubblicani che avevano mandato Trump alla Casa Bianca e che sono stati a casa in Virginia e in Alabama potrebbero anche ritrovare lo spirito del 2016 e far conservare il controllo del parlamento al GOP. Su una cosa tutti i commentatori concordano, comunque, ed e' il rovescio della medaglia di aver perso un senatore repubblicano. Se Moore avesse vinto, le accuse di improprio comportamento sessuale di quando era un giovane giudice trentenne, che sono state la causa reale della sua sconfitta, avrebbero messo tutti i candidati repubblicani in Congresso nella assai imbarazzante posizione di doversi difendere dall'accostamento con un collega senatore del GOP che flirtava con le minorenni (anche se lui nega gli addebiti). I circa 600mila alabamiani repubblicani pro Trump di un anno fa, che ieri hanno disertato i seggi, hanno cioe' scelto il male minore. Quanto al presidente, che aveva visto giusto quando aveva sostenuto nelle primarie Strange contro Moore, puo' solo biasimare se stesso per aver ceduto alle pressioni delle ultime settimane di Bannon. Sarebbe stato quest'ultimo a convincerlo in extremis di una vittoria di Moore, facendogli cambiare posizione: uscito lo scoop del Washington Post sulle ‘malefatte' sessuali di Moore, Trump aveva infatti detto che, “se le accuse erano provate, Moore doveva rinunciare a candidarsi”. Alla fine, invece, Trump ha optato per il sostegno diretto al candidato screditato, perche' era preoccupato di vedere i DEM aumentare la loro rappresentanza in Senato. Oggi, quindi, anche Trump e' entrato nella colonna dei perdenti. E che venga dopo Moore e Bannon non lo assolve: perche' e' lui, il presidente, quello che rischia sempre piu' di tutti con le proprie mosse. di Glauco Maggi

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