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Siria, l'intelligence Usa: Obama un ostacolo, la guerra all'Isis l'ha vinta Trump

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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L'ISIS ha perso il 98% del suo territorio, e la meta' della riconquista del Califfato e' avvenuta dopo che Trump e' entrato in carica meno di un anno fa, secondo fonti militari USA che hanno partecipato alla guerra. Ad accelerare la disfatta del gruppo islamista e' stato il cambio di strategia militare operato dalla amministrazione repubblicana, che ha dato al Pentagono mani libere nel condurre le sue operazioni. I massicci guadagni di territorio sono arrivati dopo molti anni di “limitazioni onerose” in cui il governo Obama “micromaneggiava” la guerra, escludendo di attuare una piu' intensa strategia aerea che avrebbe potuto chiudere il conflitto molto prima, accusano oggi i critici di Obama nell'esercito. “Le regole di ingaggio sotto il governo Obama erano pesanti”, ha detto David Deptula, ex capo dell'Intelligence delle Forze Aeree USA. “ C'era una situazione in cui la decisione sui target individuali da colpire era controllata e guidata dalla Casa Bianca, e cio' in alcuni casi significava aggiungere settimane e settimane alle operazioni. I limiti che ci erano imposti in realta' producevano piu' numerose vittime tra i civili”. Deptula pensa che la guerra avrebbe avuto un corso molto piu' veloce se fosse stata data maggiore autorita' ai comandanti sul campo. “Avremmo raggiunto i nostri obiettivi in tre mesi, non in tre anni”, ha aggiunto Deptula, paragonando le azioni di Obama a quelle di un altro presidente DEM, Lyndon B. Johnson, durante la Guerra del Vietnam. Deptula ha raccontato che le forniture di petrolio controllate dall'ISIS non erano state messe nel mirino dei raid aerei per 15 mesi a partire dal 2014, il che diede al gruppo terroristico 800 milioni di dollari di cui avevano bisogno per preparare attacchi e schiavizzare milioni di innocenti. L'ultimo bilancio fatto dai Servizi Segreti dice che ora rimangono in Iraq e Siria meno di mille combattenti dell'ISIS, briciole rispetto al picco di 45mila di soli due anni fa. Ufficiali americani attribuiscono a circa 30mila bombardamenti condotti dagli aerei della coalizione guidata dagli USA, e alle operazioni delle forze di terra regionali sul campo di battaglia, l'uccisione di oltre 70mila jihadisti, con solo poche migliaia di militanti del Califfato tornati nelle loro case. Le roccaforti dell'ISIS sono concentrate oggi in una piccola area sul confine tra Iraq e Siria, mentre al suo culmine il Califfato occupava un'estensione pari a quella dell'Ohio, circa 116mila chilometri quadri. L'ISIS e' stato largamente battuto sul territorio in cui voleva promuoversi come “Stato”, dunque, ma conserva la capacita' di convincere suoi seguaci nel mondo a compiere attentati “locali” contro i civili. A Natale c'e' stato un attacco suicida a Kabul, di cui l'ISIS ha rivendicato la paternita', che testimonia dello sforzo del gruppo di reagire alla disfatta subita in Siria e Iraq espandendo la sua influenza in Afghanistan e in Africa. “L'ISIS sta diventando un brand, e un sacco di gruppi terroristici preesistenti cominciano a sventolare la bandiera nera dell'ISIS – come abbiamo visto di recente nel Sinai – allo scopo di reclutare combattenti stranieri”, ha detto Brett McGurk, Inviato Speciale Presidenziale per la Coalizione globale contro l'ISIS presso il Dipartimento di Stato USA in una recente conferenza stampa. di Glauco Maggi

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