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Donald Trump, tagliare le tasse funziona: i posti di lavoro disponibili superano i disoccupati

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Negli Stati Uniti il numero di posti di lavoro disponibili, 6,7 milioni, ha superato il numero dei disoccupati, 6,3 milioni, per la prima volta da quando il ministero del Lavoro rende ufficiale questa statistica (anno 2000). E' un record economico che a Trump mancava, ma adesso e' arrivato a rafforzare la sua immagine di CEO che sta facendo faville per l'America Corporation. Il raffronto parla da solo, ed e' comprensibile a tutti senza elaborate spiegazioni tecniche. E' garantito che il presidente non manchera' di citarlo in ogni discorso, come fa ricordando che la Trump-nomics ha gia' prodotto il record della piu' bassa percentuale di disoccupati (3,8% in maggio) e della piu' bassa percentuale di afro-americani disoccupati (5,9%). Se si pensa che quando la Casa Bianca ha cambiato inquilino 18 mesi fa i senza lavoro erano circa un paio di milioni piu' numerosi delle offerte d'impiego, si ha l'immagine concreta della rivoluzione di Trump. L'eliminazione massiccia delle regolamentazioni burocratiche che frenano lo sviluppo e la riforma fiscale che ha tagliato le tasse per imprese e famiglie hanno portato alle stelle l'ottimismo degli imprenditori e sostenuto i consumi privati, alimentando il circolo virtuoso: piu' profitti, piu' voglia di espandersi delle imprese, piu' investimenti per produrre e vendere di piu', piu' ricerca di lavoratori necessari allo sviluppo. Sembra semplice, ma in otto anni Obama aveva creduto, acclamato, ed operato, come se la sola possibilita' per il paese fosse di redistribuire la ricchezza esistente, che e' il fondamento delle politiche di sinistra, anti-business. Cio' che i Democratici e i liberal hanno propugnato per anni e' stato l'aumento delle tasse e della paga oraria per legge, a prescindere dalla situazione di mercato, dagli incentivi, e dall'interesse dei datori di lavoro. Con Trump, l'effetto inevitabile che ha iniziato gia' a manifestarsi sotto la sua direzione, e' invece l'aumento fisiologico delle retribuzioni, frutto della sana tensione che si crea sul libero mercato quando il lavoro diventa merce pregiata e il dipendente ottiene paghe piu' sostanziose, oltre ad avere piu' scelta tra gli impieghi. Breitbart News ha riportato recentemente che nel settore delle costruzioni qualche impresa ha cominciato ad assumere personale - americano - ad un livello di retribuzione piu' alto di quello necessario per assumere personale illegale. E un ristorante della catena Chick-Fil-A, in California, ha alzato lo stipendio minimo a 18 dollari l'ora per trattenere il personale. Sono solo i primi episodi, significativi e anticipatori di un trend che sta accelerando: non a caso, il dato medio nazionale di crescita delle paghe relativo a maggio, secondo il Ministero del Lavoro, e' stato del 2,7% su un anno fa, piu' alto dell'inflazione. Mancano 5 mesi alle elezioni di medio termine del 6 novembre, e a beneficiare di questi dati che vengono dalla economia reale sono soprattutto i candidati repubblicani alla Camera e al Senato, che avranno tutto l'interesse a vantarsi, da qui in avanti, di essere dalla parte di questa amministrazione. Fino a qualche mese fa, i Democratici erano favoriti nei sondaggi “generici” sulla preferenza tra i due partiti, con un distacco del 13% sul GOP. E Trump era al 37-38% di popolarita' personale nella media dei sondaggi RCP. La legge fiscale, approvata a fine dicembre, doveva ancora mostrare i suoi tangibili vantaggi, e la capa della minoranza alla Camera, Nancy Pelosi, minimizzava in gennaio come “briciole” i bonus e le buste paga piu' ricche generati dalla riforma. I Democratici erano allora convinti che la strategia vincente, da usare nella campagna elettorale per le elezioni di rinnovo del Congresso a fine 2018, era di legare i candidati del GOP al presidente, snobbando i suoi successi in economia. Poi i progressi sul lavoro e sul PIL si sono fatti sempre piu' vistosi, tanto che Trump e' oggi al 44,6% di approvazione nella media RCP, un balzo di 6-7 punti in sei mesi. E il GOP se ne giova pienamente. Secondo la media curata da RCP il vantaggio dei DEM e' adesso azzerato o quasi, e qualche rilevazione addirittura segnala il sorpasso. “E' l'economia, stupido”, era lo slogan con cui Bill Clinton mise alle corde Bush padre nella corsa del 1992. E' una regola d'oro che luccica sempre. di Glauco Maggi

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