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La lezione di Trump agli economisti della sinistra: perché la sua ricetta funzione

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Non era certo stato Trump a parlare di “stagnazione secolare” negli otto anni di Obama. La scusa che un paese moderno e industrializzato come l'America non possa piu' crescere come una volta e' sempre stata quella cara agli economisti di sinistra. Con questa teoria, essi giustificano le politiche di sostegno pubblico, e relative tassazioni, che si devono sostituire agli spiriti animali capitalistici nello sviluppo economico e nella crescita del PIL. La “stagnazione secolare” e' stata la copertura accademica dei Democratici alla “non crescita”, quella che il governo assistenzialista e anti-business di Barack ha generato dopo la recessione del 2007-2008 finita nel giugno del 2009. Da quel momento in poi, invece di rimbalzare con un certo brio come era accaduto in precedenza, la crescita del PIL USA e' stata statisticamente la piu' asfittica, dopo una recessione, della storia americana del dopoguerra: infatti, non ha mai raggiunto il 3% annuo. Ecco perche' Trump, alla notizia della crescita del PIL del 4,1% nel secondo trimestre annunciata dal ministero del Commercio venerdi' alle 8.30 ha tenuto un discorso dalla Casa Bianca un'ora dopo. Ha voluto godersi il momento, per far masticare amaro i liberal e i never Trump che l'avevano preso per un visionario. Larry Summers, che era stato anche consigliere economico di Bill Clinton presidente – aveva ripetuto la sinistra profezia dell'impossibile crescita oltre il 2% del PIL USA anche durante la campagna presidenziale del 2016, ridicolizzando Trump e i suoi consiglieri liberisti di scuola reaganiana che promettevano il ritorno a tassi di sviluppo del 3%. “Sorry, Donald Trump. Gli USA non possono crescere come l'India e la Cina”, aveva titolato, con tono di sufficienza professorale, il Washington Post commentando il dibattito finale tra Trump e Hillary nell'ottobre del 2016, a poche settimane dal voto. Il candidato Repubblicano disse, nella incredulita', anzi nella commiserazione generale dei liberal, “la Cina sta crescendo al 7%, e per loro e' un numero catastroficamente basso. Noi stiamo crescendo – il rapporto governativo e' appena uscito  - attorno al livello dell'1%. Datemi retta, il nostro paese e' stagnante”. Poi, nel successivo intervento, il futuro presidente era stato piu' preciso nella promessa: “Noi porteremo (il PIL USA) dall'1% su su al 4%. E in realta' credo che potremo andare piu' in alto del 4%. Penso che si possa andare al 5 o al 6 per cento”. Sempre sbruffone, Donald aveva sparato un obiettivo … alla Trump. Nei primi 18 mesi di governo, comunque, ha dato un assaggio concreto di dove l'economia reale americana possa arrivare . Per ora e' il 4,1% in un solo trimestre, che sembrava un miraggio a tanti, non solo ai suoi nemici giurati. Ma se si considerano gli ultimi quattro trimestri consecutivi, la crescita media su 12 mesi e' gia' sopra il 3%, al 3,1% precisamente (3,2% il terzo trimestre 2017; 2,9% il quarto trimestre 2017; 2,2% il primo trimestre 2018; 4,1% il secondo trimestre 2018). Prossimo traguardo per Trump e' di raggiungere il 3% di crescita del PIL in un anno solare, da gennaio a dicembre. Per farlo gia' nell'intero 2018 deve tenere il passo del primo semestre, e se gli riuscisse avrebbe ottenuto, al primo anno di presidenza piena, cio' che a Obama non e' riuscito di fare negli 8 anni dei suoi due mandati. Ovviamente, sono state le politiche di Trump in materia fiscale (con i tagli agli utili delle imprese e ai redditi delle famiglie) e regolamentare (con la riduzione drastica della burocrazia, i famosi lacci e lacciuoli) a provocare la scossa all'insu' del PIL. In realta' , i segnali del progresso erano gia' apparsi nei prezzi aumentati delle case e dei titoli a Wall Street, oltre che nei 3,7 milioni di posti di lavoro creati dal febbraio 2017 che hanno ridotto il tasso di disoccupazione al record del 3,8% di due mesi fa. Ma non pensate che i media liberal tipo il Washington Post, o gli economisti filo DEM tipo Summers, siano disposti a riconoscere che la ricetta usata da Trump sia valida. Anche se non e' la prima volta (vedi Reagan) che funziona alla grande.   Glauco Maggi

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