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Migranti e ius soli, come ne uscirà Donald Trump

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Alcuni giorni fa, nel clima surriscaldato che precede il voto di medio termine del 6 novembre, Trump ha dichiarato di voler introdurre un ordine esecutivo per porre fine allo jus soli, il diritto di cittadinanza per tutti i nati sul suolo americano, che e' di fatto il regime in vigore dalla ratifica del 14 Emendamento nel luglio del 1868. Mentre le carovane di migranti di El Salvador, Guatemala e Honduras marciano verso il confine meridionale USA attraverso il Messico, il presidente ha minacciato di eliminare l'incentivo, insito nell'Emendamento n.14, che ha generato negli ultimi decenni effetti perversi nella politica dell'immigrazione: dal turismo delle imminenti mamme che vengono apposta qui per partorire (fenomeno che riguarda soprattutto le cinesi che “visitano” la California, ma non solo loro) alle famiglie di giovani dal centro e sud America che entrano clandestinamente, ingrossando la massa di illegali che conta oggi circa 11 milioni di persone. “Siamo il solo paese al mondo (non e' vero, ce ne sono almeno una trentina NDR) dove una donna viene qui e ha un bambino, e il bambino e' essenzialmente un cittadino americano, con tutti i benefici, per tutta la vita. E' ridicolo. Deve finire. E finira' con un ordine esecutivo”, ha detto Trump nell'intervista (al sito Axios su HBO) che ha scatenato reazioni, politiche e giuridiche. E' esattamente un secolo e mezzo che chi nasce sul suolo USA acquista la cittadinanza, ma la validita' costituzionale del 14esimo Emendamento e' stata in varie occasioni oggetto di dispute tra studiosi per la sua ambiguita' lessicale, che obiettivamente si presta a interpretazioni diverse. Dice l'emendamento: “Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla giurisdizione relativa, sono cittadini degli Stati Uniti e/o dello Stato in cui esse risiedono”. L'inciso “e soggette alla giurisdizione relativa” e' stato sempre inteso, di fatto, come una tautologia: nel momento in cui nasce ogni individuo e' soggetto alla legge americana, sostiene questa tesi, e quindi la specificazione sarebbe un rafforzativo pleonastico. E' ovvio infatti che, appena nato, chiunque e' parte della societa', e automaticamente e' un “soggetto umano” sottoposto alla legislazione locale. Ma per autorevoli cattedratici, per esempio John Eastman, direttore del Centro per la Giurisprudenza Costituzionale della Chapman University, il 14esimo Emendamento e' stato male interpretato negli ultimi 40 anni. “Era stato inteso per dare la cittadinanza solo ai bambini nati negli USA da residenti legali permanenti, non da immigrati non autorizzati o da chi ha visti temporanei”, ha spiegato ad Axios. In effetti, la genesi dell'Emendamento era stata squisitamente politica. Come ricorda l'analista giudiziario di FOX Andrew Napolitano, il “dibattito serio sull'emendamento finora c'era stato solo in circoli accademici”, e ha ricostruito il contesto storico in cui fu scritto. Il primo motivo era di rendere chiaro e non ambiguo il rovesciamento di uno dei verdetti peggiori della Suprema Corte, nel caso Dred Scott versus Sanford, che diceva che gli afro-americani non erano persone e non erano cittadini. Il secondo motivo era fermare gli stati sudisti nostalgici che volevano introdurre leggi statali segregazioniste, sostenendo “gli schiavi saranno anche liberi, ma noi non li tratteremo da persone, da cittadini”. Se per Napolitano la Costituzione ha definito una volta per tutte, e senza distinguo, la validita' dello “jus soli”, per Matthew Spalding, rettore del Centro per gli Studi Costituzionali e la Cittadinanza del College Hillsdale, i legislatori del 1868, secondo quanto disse lo stesso presidente della Commissione Giustizia del Senato di allora, Lyman Trumbull, co-autore dell'emendamento, la frase “soggetto alla completa giurisdizione degli Stati Uniti” significa “ che non deve la sua fedelta' di cittadino ad alcun altro”. E quindi i nati da gente che ha gia' un'altra cittadinanza sarebbero esclusi. La Corte Suprema torno' sulla interpretazione dell'emendamento nel 1898 (US versus Wong Kim Ark) e sostenne che il diritto automatico alla cittadinanza valeva per i figli di persone legalmente residenti negli USA. “La Corte Suprema non ha mai sostenuto che la clausola conferisce cittadinanza automatica ai visitatori temporanei, e tantomeno agli stranieri nel paese illegalmente”, ha scritto sul WSJ Spalding. Il 14esimo emendamento era stato scritto per garantire il diritto a essere cittadini USA dei figli degli afro-americani ex-schiavi, intento sacrosanto in un'America che aveva appena finito una Guerra Civile, vinta dal Nord con 750 mila morti sui due fronti. Ben diversa, oggi, e' la nobilta' della difesa dello Jus soli da parte di chi pensa di abolire l'ICE (agenzia di controllo ai confini) nel segno di una politica “open borders”, di fatto la negazione del diritto all'esistenza dello stato americano in quanto tale. Il braccio di ferro “giuridico” sullo Jus soli tra i DEM pro amnistia e il GOP law & order e' tutto politico, e la sistemazione definitiva di che cosa fare del 14esimo emendamento sara' probabilmente materia del Congresso, o della Corte Suprema se Trump fara' davvero l'ordine esecutivo. A mio avviso, una decente soluzione potrebbe essere trovata a mezza strada. Dare la cittadinanza a chi nasce negli USA da mamme regolarmente residenti qui al momento del parto. Non solo quindi ai cittadini e a chi ha la carta verde permanente, ma anche a chi e' qui legittimamente con un visto. Non darla mai, invece, ai figli di chi e' qui illegalmente. Sarebbe un compromesso che non eliminerebbe il fenomeno delle manager o delle studentesse che sono qui per studio o per lavoro e diventano mamme, e nemmeno quello sicuramente perverso delle turiste partorienti: ma mi piace pensare che ci sia gente disposta a fare un viaggio simile, se la finalita' e' il sogno americano. di Glauco Maggi

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