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Donald Trump, l'ultima vergogna dei giornali contro il presidente americano

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Il presidente Trump è sempre nel mirino dei suoi tanti critici interni e internazionali, qualsiasi battaglia faccia. Prendiamo la Nato, o le tariffe per migliorare la bilancia commerciale USA con la Cina, o lo stop all'immigrazione clandestina dal confine meridionale, o, ultimo caso, la crisi dei missili con la Turchia. Trump viene biasimato a prescindere, appena prende una posizione e alza la voce spargendo i suoi tweet, con l'accusa di essere nazionalista, unilateralista, xenofobo, arrogante, maltrattatore di alleati e molle con i tiranni. Il contenuto di merito delle sue sparate viene abitualmente ignorato o messo in secondo piano, e il riconoscimento che il suo "parlar chiaro", poi, produca risultati veri  è negato, o ammesso a bassa voce e con riluttanza, e solo quando è inevitabile. L'onestà informativa, ovviamente, richiederebbe tutto un altro atteggiamento: capire e spiegare perché Trump abbia aperto quel certo scontro (diplomatico, commerciale, di sicurezza civile o militare che sia); criticarlo se si pensa che sia una iniziativa sbagliata o che il modo con cui la gestisce sia arrogante, controproducente, non da capo di stato classico; infine, bisogna però tirare le somme sul punto fondamentale: è stato efficace o ha fallito? Ha prodotto risultati positivi o negativi? I media non seguono questa procedura da scuola di giornalismo. *Nato. Trump, diventato presidente, richiamò brutalmente ai loro obblighi quei Paesi Membri, quasi tutti, che non erano in regola con i pagamenti previsti dall'accordo Nato. Era stato sottoscritto da tutti e indicava nel 2% del proprio PIL, come minimo, la quota che ogni Paese doveva dedicare alle spese militari per distribuire con equità il fardello della mutua alleanza. Non tutti si sono messi in regola, ma e' un fatto, riconosciuto solo dal segretario della Nato, che senza la pressione di Trump non sarebbe avvenuto nemmeno l'innalzamento dei contributi, seppure ancora insoddisfacente.   *Cina. Trump non fingeva quando minacciava dazi del 25% su centinaia di miliardi di export cinese negli USA per ridurre il disavanzo commerciale, ma soprattutto per costringere Pechino ad abbandonare le pratiche illegali di furto delle proprieta' intellettuali. Tutti si lamentavano da anni, anche in Europa e anche tra i Democratici USA, ma nessuno che alzasse seriamente la questione. Trump lo ha fatto, e ha imposto le tariffe. La Cina ha risposto con una (modesta) rappresaglia commerciale, ma non ha ancora ceduto sui diritti commerciali violati. Tutti sanno che la Cina ha da perdere piu' dell'America in questo conflitto. Trump e Xi lo sanno piu' di tutti. Quando sara' raggiunto un compromesso inevitabile, tra un mese o tra sei mesi, si tireranno le somme. E si potra' valutare se, e quanto, sara' migliorata la condizione degli imprenditori, produttori e consumatori americani e occidentali dalle concessioni commerciali, legali e giuridiche che la campagna a tutto spiano di Trump avra' portato a casa. *Messico. Per frenare il flusso di irregolari dal Guatemala e dagli altri paesi centro e sudamericani, arrivato a livelli record negli ultimi mesi, Trump ha minacciato dazi del 5% (dal 10 giugno, poi sarebbero saliti progressivamente al 25% in ottobre) su tutto l'export messicano negli USA. Il Messico, secondo Trump, non fa niente per fermare le carovane di migranti, che transitano indisturbate e raggiungono il Texas. Il presidente americano ha annunciato le tariffe, con la promessa di sospenderle solo, e se, il Messico si fosse impegnato a far rispettare le sue stesse leggi, che sono formalmente severe con i clandestini ma che per anni sono state ignorate. Un ricatto? Chiamatelo come volete, ma e' stato efficace: due giorni prima dell'avvio delle tariffe, il Messico ha firmato un accordo con Trump, con cui si impegna a schierare in permanenza 6 mila guardie sul proprio confine meridionale, sbarrando o limitando fortemente l'ingresso di irregolari da Guatemala, Honduras e San Salvador. Prendevano in giro Trump quando prometteva “faremo un Muro e sara' il Messico a pagarlo”, ma alla luce dei recentissimi sviluppi si puo' ben dire che ora il Messico e' diventato di fatto un muro a difesa degli USA. E che il governo messicano la paga con i suoi soldati alla frontiera. *Turchia. Il presidente Erdogan pensava di esser piu' furbo di tutti, quando ha comprato dall'America gli aerei F35 e contemporaneamente ha ordinato a Putin il sistema di difesa missilistica s-400. Trump, a difesa della sicurezza USA e della Nato, di cui la Turchia e' peraltro parte importante, ha intimato alla Turchia di sospendere l'arrivo della fornitura delle attrezzature militari russe. Non vuole che il personale russo impegnato nella messa in opera del sistema s-400 in Turchia, quindi a contatto con l'esercito turco e il personale militare della Nato, americani compresi con i loro F35, rubi tecnologia Nato e possa spiare da vicino gli aerei d'ultima generazione americana. Trump, anche se c'e' ancora chi lo accusa di essere una marionetta di Putin, e' in realta' il suo nemico piu' serio: vedi le armi all'Ukraina, vedi l'ostilita' al gasdotto che Putin vuole fare in accordo con la Germania della Merkel. Infatti, ha intimato a Erdogan di cancellare la commessa del sistema s-400 russo. Alla richiesta verbale, se non sara' esaudita,  ha aggiunto una minaccia doppia: non verranno piu' venduti gli F35 americani alla Turchia, e tutti i piloti turchi che si stanno gia' addestrando negli Stati Uniti saranno rispediti a casa. Questa partita e' in pieno svolgimento in questi giorni, ma se Erdogan insiste a scherzare con il fuoco russo dovra' pagarne le conseguenze. Andare a vedere se Trump bluffa costa caro. di Glauco Maggi

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