Cerca
Logo
Cerca
+

Tutti contro Joe Biden (e Donald Trump si gode lo spettacolo)

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

Vai al blog
  • a
  • a
  • a

Per ora e' tutti contro Joe Biden. Anche nel secondo dibattito TV di Detroit di ieri, dopo quello di un mese fa a Miami, la ventina di candidati DEM alla nomination aveva l'obiettivo basilare di spodestare l'ex vicepresidente di Obama dalla posizione di testa, con forte distacco, che ha nei sondaggi. Secondo la media RCP di oggi 1 agosto il vecchio Joe e' al 32% nelle preferenze dei DEM, il doppio di Sanders (16.4), tallonato da Elizabeth Warren (14.8) e da Kamala Harris (11). Fuori da questo poker e' azzardato scommettere l'emersione di altri contendenti (Pete Buttigieg? Cory Booker? Beto O'Rourke?) ma l'eventualita' esiste. La condizione e' pero' che imploda la performance di Biden, e cio' dipende piu' dalla propensione dell'uomo a fare gaffe, magari aumentata dall'eta', che non dalla efficacia degli attacchi concentrici che gli portano gli avversari. Per farsi largo, Kamala Harris e Cory Booker, senatori neri, non hanno esitato ad attaccare Biden per aver lavorato in Senato negli Anni 70 con colleghi Democratici apertamente razzisti, anzi segregazionisti, e per aver sostenuto una legislazione anti-crimine che doveva ripristinare la legge & ordine in una America devastata dalla droga e dalle gang, e che come effetto ebbe quello di aumentare esponenzialmente i carcerati afro-americani. Booker e' arrivato anche ad attaccare Biden per il record di deportazioni degli immigrati irregolari realizzato dalla agenzia ICE durante i due mandati di Barack, che in effetti era stato soprannominato “Deportatore in Capo” dagli attivisti radicali pro-ispanici. Non essendo Trump, ma Obama, l'ex presidente non subi' ovviamente alcun linciaggio dai giornali liberal e dall'establishment Democratico del tempo. Oggi, con l'ipocrisia che a sinistra fiorisce naturale, Booker non ha esitato a riesumare le espulsioni obamiane, accusando il vice Biden di corresponsabilita' pur senza nominare il primo presidente nero. Del resto, e' vero che l'asso esplicito di Joe e' di essere stato 8 anni alla corte di Barack, e quindi Booker ha potuto sferrare una stoccata che gli ha dato un certo lustro nel dibattito: “Caro Biden, non puoi avere tutto: vantarti di essere la continuita' di Obama, ma staccartene quando non ti conviene”. Booker ha meno del 2% delle preferenze, e quindi deve giocare il tutto per tutto. Ma la questione politica che restera' nell'aria, quando la battaglia per la nomination sara' finita, non riguardera' piu' la sorte dei personaggi (dentro o fuori, ci sara' un solo vincitore), ma gli strappi di linea. Per far fuori Biden, che sostiene Obamacare, Sanders, la Harris e tanti altri concorrenti hanno lanciato la Mutua gratis per tutti, una proposta estrema finanziariamente insostenibile (nemmeno il Vermont era riuscito a introdurla) che ha come conseguenza la messa fuori legge delle polizze private, oggi la base dei contratti sindacali di 170 milioni di lavoratori dipendenti. Per farsi notare, tra i nomi minori c'e' anche chi propone la decriminalizzazione della immigrazione clandestina e la copertura sanitaria gratis anche per loro. Persino il Green New Deal, palesemente fuori dal mondo come idea di lotta al global warming perche' ucciderebbe l'economia intera, ha molti proseliti tra i nominandi DEM, Sanders e Harris in testa. Insomma, l'immagine odierna del partito DEM e' di essere un corpo dominato da un cuore ultrasinistro, socialista, visionario, che accomuna tutti gli altri maggiori candidati nella coalizione anti Biden. Se questo trend di radicalizzazione proseguira', e non ci sono avvisaglie del contrario, il terzo scarso di Democratici che appoggia ora Joe appare come il residuo morente di quello che e' stato il partito dei Kennedy e di Bill Clinton. E, paradossalmente, anche di Barack. E' vero che Obama avvio' la marcia a sinistra, ma ebbe l'astuzia tattica di farsi accettare dal centro, sia nel 2008 sia nel 2012. Ora il suo silenzio e' la prova di un grande imbarazzo: non ha il coraggio di salvare il soldato Joe, che del resto Obama non sponsorizzo' quando scelse Hillary nel 2016; ma sa pure che l'estremismo dei socialisti sta dirottando il partito via dal mainstream, in una terra disabitata dai centristi, dai moderati e dagli indipendenti. Trump si gode lo spettacolo. Non solo Newt Greenwich, anche qualche commentatore liberal ha indicato Donald come il vincitore strategico dei dibattiti tra i DEM. di Glauco Maggi

Dai blog