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Joe Biden, confronto in tv sul caso dei traffici milionari in Ucraina

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Joe Biden ha chiesto l'impeachment di Donald Trump pubblicamente, ma e' vana la sua speranza di unirsi al coro di Nancy Pelosi e Adam Schiff in Congresso per sviare l'interesse crescente in America sui loschi traffici milionari in Ucraina, suoi e del figlio tossicodipendente Hunter. Il 15 ottobre ci sara' il quarto dibattito in TV tra i candidati alla nomination Democratica per la presidenza, e non e' immaginabile che i giornalisti non sollevino la domanda sul conflitto di interesse di Biden, vicepresidente in carica che, secondo fonti ucraine, ha preso 900mila dollari “per lobbismo” dalla Burisma Gas Holdings. E' la stessa ditta che aveva suo figlio Hunter a libro paga per 50mila dollari come membro del board, senza alcuna competenza nel campo energetico. Anche se le due testate che gestiranno il confronto sono gli ultraliberal New York Times e CNNtv, c'e' un limite alla decenza informativa, e spero che non avranno il fegato di sopprimere la domanda sui soldi della Burisma ai Biden davanti a una audience nazionale. Vedremo. Se lo facessero, rimanderebbero pero' solo il redde-rationem. Lo scandalo e' destinato a montare, paradossalmente anche perche' la procedura di impeachment contro Trump e' incentrata sulla sua telefonata con il presidente ucraino, su cui si sa tutto grazie alla trascrizione resa pubblica dalla stessa Casa Bianca. E piu' si parla del “quid pro quo' che non esiste, come ha assicurato lo stesso presidente Zelensky in due occasioni pubbliche, piu' l'Ucraina rimane nelle news e Trump, i parlamentari del GOP e i media conservatori (minoritari ma bellicosi) rilanciano le loro accuse, queste si' documentate, sui traffici dei Biden a Kiev. E non solo a Kiev. Nel quinto dibattito tra i DEM che si terra' il 20 novembre a cura del Washington Post e di MSNBC, oltre alla spinosa vicenda ucraina che non sparira', e' anzi piu' che probabile che i Biden saranno investiti da un altro scandalo, sempre internazionale e sempre per problemi di soldi piu' che sospetti. Peter Schweizer, autore di “Imperi segreti: come la classe politica americana nasconde la corruzione e arricchisce familiari ed amici”, e Jacon McLeod, ricercatore all'Istituto per le Responsabilita' del Governo, hanno scritto oggi sul New York Post un articolo per spiegare gli affari di Hunter Biden in Cina quando suo padre era vicepresidente. Ecco alcuni estratti. *Joe Biden si e' incontrato con i partner cinesi di Hunter pochi giorni prima che essi fondassero una nuova societa' di investimento. In dicembre 2013, Hunter accompagna il padre vicepresidente a Pechino su AirForce Two. Meno di due settimane dopo, la societa' di Hunter, Rosemont Seneca, diventa partner in una nuova entita' di investimenti sostenuta dalla Bank of China, banca di Stato. Si chiama Bohai Harvest RST (BHR in sigla) e i partner si impegnano a dotare di un miliardo di dollari il nuovo fondo. A inizio 2019, un rappresentante della BHR ha detto alla rivista USA The New Yorker che Hunter aveva usato la opportunita' della visita per presentare suo padre Joe a Jonathan Li, executive di private equity, che divenne l'amministratore delegato di BHR alla conclusione dell'affare. * BHR e' una impresa multimiliardaria. L'obiettivo di raccogliere 1 miliardo e' stato presto alzato a 1,5 miliardi. La societa', sul suo website, ora si vanta “di gestire 15 miliardi di asset in valuta cinese”, circa 2,1 miliardi di dollari. Secondo gli accordi, la BHR, in cui la ditta di Hunter ha una quota azionaria, e' l'investitore leader nel fondo. Altri investitori sono la China Development Bank e il fondo della Social Security Cinese, controllati al 100% da Pechino. * Hunter e i suoi partners hanno ruoli di rilievo nella compagnia. Malgrado la sua relativa mancanza di esperienza nel private equity, Hunter ha ottenuto un ruolo importante nella compagnia. Secondo i termini dell'accordo di partenza, la ditta di Hunter, Rosemont Seneca, condivide il 30% di BHR con il Thornton Group, guidato da James Bulger, figlio di Billy Bulger, famoso senatore locale del Massachusetts. Hunter e Bulger siedono nel board, dove c[‘e' pure Devon Archer, socio di business di Hunter da lunga data. Archer e' vice chairman del comitato di investimenti del fondo. Il valore di questa partnership in BHR e' chiaramente esposto nel website: “BHR, con la sua unica proprieta' mista, mette insieme le risorse e le piattaforme delle maggiori istituzioni cinesi, i networks e il know how del nostro fondo di investimenti con la sua base negli USA, e gli azionisti della societa' di consulenza”. Hunter ha detto al New Yorker che non ha preso soldi direttamente da BHR, “ma anche se cosi' fosse”, puntualizzano Schweizer e McLeod, “i potenziali ricavi sono rilevanti”. *  BHR ha investito in asset strategicamente sensibili sia in Cina sia negli Stati Uniti. In dicembre 2014, BHR e' diventato un investitore centrale nell'IPO della CGN (Cina General Nuclear Power Company), societa' nucleare posseduta dallo stato cinese coinvolta nello sviluppo di reattori nucleari. E non solo la CGN e' una compagnia strategicamente importante in Cina. Negli USA sta affrontando indagini legali: nel 2016, mentre Joe Biden era ancora vicepresidente, la CGN e' stata accusata di spionaggio per aver rubato segreti nucleari USA. Essendo un fondo “cross border”, BHR e' interessato a fare affari fuori dalla  Cina. Nel 2015, BHR acquisi' Henniges Automotive, produttore in Michigan di equipaggiamenti per le vibrazioni in volo, insieme alla AVIC (Aviation Industry Corporation of China, contractor militare cinese). Date le applicazioni militari della tecnologia della Henniges, l'accordo di acquisto richiedeva l'approvazione federale USA. Come la CGN, anche AVIC e' stata sospettata di rubare tecnologia per i propri  scopi. Non molto tempo dopo la firma dell'operazione Henniges, l'AVIC ha presentato il suo nuovo Jet J-20, in cui sono incorporati elementi di design sospettati di provenire dal programma dei Jet F-35 americani. di Glauco Maggi

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