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Quanto costano le promesse impossibili di Elizabeth Warren

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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E' in testa nei piu' recenti sondaggi, Elizabeth Warren, ma non ha fatto un figurone nel dibattito alla CNN di martedi, anzi. Joe Biden, pero', e' apparso in declino di energia e la vicenda del figlio Hunter strapagato in Ucraina mentre lui era il vicepresidente di Obama e' una palla al piede sempre piu' pesante: anche i grossi finanziatori Democratici che lo vedono come il ‘moderato' piu' affidabile in un lotto sempre piu' radicale e filo-socialista hanno frenato nel terzo trimestre i fondi elettorali verso di lui. Ora, la campagna di Joe ha in banca meno di 10 milioni di dollari, la meta' o un terzo della scorta degli sfidanti che contano, la Warren e Bernie Sanders (che e' reduce dal colpo al cuore), ma anche il giovane sindaco gay Pete Buttigieg. Aggiungiamo l'assordante silenzio del suo ex capo, Obama, che non solo non ha speso una parola a suo favore sui media dopo la discesa in campo in marzo, ma neppure gli parla al telefono da chissa' quanto tempo (lo ha ammesso lo stesso Biden). In sostanza, e' tempo di rivolgere l'attenzione a Elizabeth, e al suo programma politico, per prepararsi a capire le sue chance di conquistare gli elettori nel novembre 2020 se riuscira', come appare obiettivamente probabile, a ottenere la nomination attraverso le primarie DEM da febbraio all'estate. Il punto centrale della sua campagna e' riassumibile in questo concetto: “l'economia USA sta funzionando solo per i ricchi e i ricchissimi, ma non sta funzionando per gli americani comuni, la classe media e i poveri. Faro' cambiamenti strutturali se saro' eletta (allusione alla sua proposta di legge che prevede il quasi esproprio degli azionisti delle corporation, grazie al 40% dei posti in consiglio di amministrazione assegnati ai sindacati)”. Se l'economia e' fondamentale, e di solito lo e', per la riconferma di un presidente, la linea della Warren per scalzare Trump appare lontanissima da quello che sta vivendo la gente. Ecco come hanno risposto gli americani a questa domanda del recentissimo sondaggio della Marist: “L'economia sta funzionando per te personalmente? Si' o no?”. Circa due terzi degli elettori in generale hanno risposto si', e questa e' la percentuale di soddisfatti, per categorie anagrafiche e sociali: * Per eta': il 63% della Generazione Z e Millennials; il 69% della Generazione X; il 63% dei Baby Boomers; il 69% dei piu' anziani. * Per aree geografiche: il 60% nel West del Paese; il 65% nel Nord Est; il 67% nel Midwest, il 68% nel Sud. * Per tipi di comunita': il 63% nelle grandi citta'; il 63% nelle piccole citta'; il 64% nei villaggi; il 66% nelle campagne; il 72% negli Hinterland. Soltanto i sedicenti progressisti (59%), le donne Democratiche (55%) e i sedicenti liberal/molto liberal (55%) hanno risposto che “l'economia non funziona per me”. Ma e' evidente che avevano in mente il responsabile dell'economia reale attuale, Trump, e lo hanno “bocciato” come fanno in tutti i sondaggi, su qualsiasi argomento. Del resto, i militanti DEM hanno sentito dire dalla Warren che “il presidente Trump e' parte di un sistema corrotto e truccato che ha aiutato i facoltosi e quelli ben connessi e ha gettato palta sulla faccia di chiunque altro”, e si sono adeguati. Pero' l'intera America sa che la disoccupazione e' al 3,5%, il livello piu' basso da 51 anni e che ci sono oggi 1,6 milioni di posti di lavoro aperti in piu' di quanti siano i lavoratori potenziali per coprirli. La grande maggioranza degli americani comuni non ricorda una economia cosi' florida, e una Borsa cosi' brillante, grazie anche ai tagli fiscali e al clima pro business. E' piu' che probabile, quindi, che non senta di sicuro l'urgenza di stravolgere il sistema con “riforme” che costerebbero migliaia di miliardi. E non solo tanti soldi sono impossibili da reperire anche tassando pesantemente la classe media. Una tale coatta redistribuzione spingerebbe il paese nel socialismo reale, ben oltre la Scandinavia evocata da Sanders e Warren. Mark Thiessen su Fox News ha riportato che l'economista Brian Riedl del Manhattan Institute ha calcolato il prezzo delle proposte di Warren (e di Sanders, che e' sulla stessa linea su quasi tutto): da 30 a 40 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari in 10 anni per Medicare for all, la mutua statale universale che prevede di mettere fuorilegge le polizze private, ora utilizzate, tra l'altro, da 170 milioni di lavoratori; 2 trilioni per espandere la Social Security; 3 trilioni per le politiche contro il cambio di clima; 2 trilioni per cancellare i debiti degli studenti ed eliminare le future rette scolastiche; 1 trilione per iniziative di welfare per l'infanzia e la casa. di Glauco Maggi

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