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Donald Trump, la falsa speranza dei Dem: non basta l'impeachment per toglierlo di mezzo

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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I DEM e i Never Trump fanno finta di sperare che Trump possa essere tolto di mezzo dall'impeachment, ma sanno benissimo che non sara' cosi'. Alla Camera ci sono stati persino due deputati Democratici, Collin Peterson del Minnesota e Jeff Van Drew del New Jersey, che hanno votato no alla risoluzione di Nancy Pelosi e Adam Schiff. Al Senato, il repubblicano Lindsay Graham ha ottenuto 50 firme di membri del suo partito per la mozione che bolla la procedura votata alla Camera perche' non offre trasparenza e nega i diritto alla difesa. Cio' significa che il GOP, che e' in maggioranza 53 a 47, e' impegnato a proteggere Trump e non ci saranno mai 20 senatori “traditori” disposti a dare ai DEM i due terzi dei voti (su 100) necessari a cacciarlo. Non fosse altro per il fatto che il 90% degli iscritti al partito sostengono il presidente e punirebbero alle urne i voltagabbana. Dunque l'impeachment e' teatro politico, e i DEM sanno invece bene che la sostanza della battaglia elettorale dell'anno prossimo sara' legata a come gli americani stanno vivendo sulla loro pelle le azioni politiche di Trump. In una parola, l'economia, che non per caso e' tema tabu' tra i liberal dal 2017. Ecco perche', prima delle 8.30 del mattino (ora di New York) di ogni primo venerdi' del mese, il momento in cui il ministero del Lavoro diffonde le cifre sulla occupazione del mese precedente, DEM e Never Trump gufano. Sognano che ci siano sempre meno occupati e piu' disoccupati, e che gli stipendi non crescano. Incrociano le dita. Sperano, almeno, che i numeri siano “inferiori alle aspettative degli economisti”, il benchmark comunemente accettato per giudicare se il mercato del lavoro e' in buona forma, o sta male. I dati di ieri, relativi al mese di ottobre, sono stati l'ennesima delusione per la sinistra che tifa per la recessione. L'economia USA ha aggiunto 128mila posti, strabattendo le aspettative degli economisti, interpellati da MarketWatch, che ne avevano preventivati 75mila. Il mese scorso e' stato quello del lungo sciopero della General Motors, che secondo il Wall Street Journal ha messo 50mila operai fuori dal lavoro, non contando le migliaia di addetti dell'indotto del settore auto, colpiti dalle fabbriche GM chiuse. La crescita sarebbe potuta essere di 200 mila posti senza lo sciopero dei 50mila e senza la fine dei contratti per i 20mila lavoratori a tempo assunti dal Censo per fare le interviste alla gente. Il governo ha rivisto in positivo, inoltre, le stime provvisorie che erano state comunicate in settembre e agosto: il mese scorso i nuovi posti sono cosi' balzati da 136 mila a 180mila, e due mesi fa da 168mila a 219 mila. Si era parlato, in estate, di un certo rallentamento delle assunzioni, ma queste correzioni ristabiliscono che il trend e' di solida crescita. Negli ultimi sei mesi, la media dei nuovi posti risulta essere di 156mila. Il tasso di disoccupazione e' salito di un decimo, da 3,5 a 3,6, ma e' restato sempre ai minimi dal 1969, mentre il tasso di partecipazione al mondo del lavoro e' salito dal 63,2% al 63,3%. Gli stipendi sono cresciuti dello 0,2% in ottobre, a 28,18 dollari all'ora, e sono in aumento del 3% da un anno fa. Da notare che gli incrementi di paga sono piu' pronunciati per le posizioni medie e basse che non per quelle dei supervisori e dei manager. L'economia trumpiana aiuta anche a correggere le ineguaglianze, facendo bene ai lavoratori delle fasce piu' bisognose. Peccato per i ‘rematori contro' Democratici. Sara' per il prossimo mese. di Glauco Maggi

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