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E la sinistra di piazza preferisce Vecchioni a Bersani

La Costituzione non tira e la manifestazione fa flop

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Una cosa è certa, questa sinistra di piazza non gode certo di una sana e robusta costituzione. Perché a manifestare per la Costituzione, a Roma come in altre città italiane, non c'era certo quel milione di persone sbandierato dal palco di piazza del Popolo, perno del C-day, ma una folla nettamente inferiore a quella cifra. Non più di 43mila persone nelle piazze della penisola, secondo i dati elaborati dal ministero dell'Interno. Circa 25mila i “costituzionalisti”, sempre secondo il Viminale, che hanno attraversato le strade della Capitale. Segno evidente dell'emorragia di consensi che ha colpito la sinistra, al punto che anche un migliaio di studenti di sinistra ha snobbato la piazza, contrari agli «slogan» e alle «parole d'ordine imposti dagli organizzatori» del C-Day. Una piazza contro la piazza con appendice di denuncie: 32 studenti sono stati identificati per manifestazione non preavvisata. Emorragia con la quale devono fare i conti anche i leader e leaderini, o presunti tali, ampiamente surclassati da attori e cantanti, magistrati e giornalisti. Pierluigi Bersani, per esempio, per ottenere un minimo di visibilità s'infila nel corteo romano a metà del percorso, un po' d'interviste, qualche dichiarazione alle agenzie e, oplà, il gioco è fatto. Lascia il corteo per il sabato del villaggio. Gli altri, da Dario Franceschini a Piero Fassino, passando per i redivivi Paolo Ferrero e Fabio Mussi,  si fanno notare nel retropalco di piazza del Popolo a Roma, assieme ai finiani Flavia Perina, che cazzeggia amabilmente con la direttora de L'Unità Concita De Gregorio, Antonio Buonfiglio e Aldo Di Biagio. Per i finiani un bagno di folla inusuale, ma tonificante. Alla fine del C-Dy, però, i veri protagonisti sono altri, non loro. Roberto Vecchioni e Antonio Ingroia a Roma, Dario Fo a Milano, Nichi Vendola a Bari, Gino Strada a Mestre.  I manifestanti di piazza del Popolo, armati di tricolori, copia della Costituzione e slogan anti-Cav d'ordinanza,  hanno riservato un lungo applauso al pubblico ministero Ingroia, diventando così il nuovo paladino dell'antiberluscomismo. «Con la riforma della giustizia del governo Berlusconi», ha detto dal palco il procuratore aggiunto della Procura distrettuale antimafia di Palermo, «i cittadini non saranno più uguali di fronte alla legge. Se dovesse passare questa controriforma della giustizia», ha spiegato Ingroia, «avremmo uno Stato di diritto azzoppato». Tripudio di tricolori e applauso scrosciante. Certo, la Costituzione come pretesto funziona perfettamente, ma da quell'intervento si capisce perfettamente quale sia il bersaglio vero: tutto ciò che fa Berlusconi è male, a prescindere. La levata di scudi da parte della maggioranza, che bolla le parole di Ingroia come «la più evidente dimostrazione» di come un giudice non sia «al di sopra delle parti», è la normale reazione a quella che Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del PdL, considera la consacrazione dello «schieramento politico dell'Anm», che ora non può più parlare di «difesa di indipendenza dei giudici». E così il corteo romano, ma la stessa cosa è avvenuta anche nelle altre città d'Italia, se l'è presa anche con la riforma della scuola,  con i tagli alla cultura e il ritorno al nucleare. Un calderone dentro  al quale i leader e i leaderini naufragano miseramente, lasciando la piazza ad attori, cantanti e saltimbanchi. A Roma, l'altra star della giornata è stato il vincitore di Sanremo, il professor Roberto Vecchioni, autoproclamatosi paladino della difesa della scuola. Il professore canta “Chiamami ancora amore” e la piazza sventola un centinaio di bandiere dell'Italia. «Non vedo quali altre scuole ci siano se non quelle pubbliche», dice il cantautore, «scuola e istruzione sono le prime cose di un paese civile».  A Milano, infine, il premio nobel Dario Fo ironizza sul “cerottone” con Berlusconi è stato visto dopo la recente operazione maxillo-facciale. «Forse lo hanno operato», dice l'attore, «dal di fuori, perché lui non apre mai bocca, specie nei processi». E alla fine di questa giornata anche i leader della sinistra sono rimasti senza parole. Forse per una emorragia di idee. Rispondi   Inoltra    

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