Montanelli secondo Travaglio, ma solo quello che fa comodo

Enrico Paoli

Maneggiare con cura». Con certi personaggi come Indro Montanelli, diventati icone per volere della storia oltreché per ciò che hanno fatto e detto, bisognerebbe avere il buonsenso di usare quell’accorgimento tecnico stampigliato a caratteri cubitali sugli imballaggi, «fragile» compreso,  invece di lanciarsi in operazioni commerciali, come e hanno deciso di fare Marco Travaglio e Isabella Ferrari. I due, come racconta con tono incensatorio il settimanale L’Espresso in edicola oggi, dal prossimo 29 aprile saranno in giro per l’Italia con un spettacolo interamente anti-berlusconiano, compreso l’intervallo. Il piatto forte del “tandem show” sarà la lettura degli scritti di Indro Montanelli da parte dell’attrice, icona del dolore cinematografico dopo i fasti di Sapore di mare uno e due. «Con  frammenti atemporali che bruciano di attualità», come recita L’Espresso, la premiata ditta Travaglio&Ferrari  proverà a smontare l’universo berlusconiano con gli scritti di Montanelli.  Il quale, è stato sì anti berlusconiano, ma solo dopo il cambio della guardia alla guida del Giornale dove arrivò Vittorio Feltri, ma sempre con stile e sufficiente misura. Travaglio, ovviamente, farà leggere alla Ferrari gli scritti post 1994, non quelli ante, quando Indro non era affatto tenero con i giudici. Sì, d’accordo, Travaglio si fa vanto di essere stato assunto dal grande direttore toscano prima al Giornale e poi alla Voce, ma questo non giustifica un maneggiamento della materia montanelliana così disinvolto. Due esempi. Nel 1994 Montanelli e Mario Cervi vengono condannati  dal tribunale di Monza per diffamazione a mezzo stampa. A querelarli era stato il magistrato veneziano Felice Casson. A portarli in tribunale era stato un pezzo intitolato «Se il giudice fa lo storico, chi pensa al crimine?». Nel testo, i due giornalisti ironizzavano sulle svariate attività di alcuni magistrati. Sempre nel 1994 Montanelli e Giulio Anselmi, allora direttore del Messaggero, provocano le dimissioni del giudice Arnaldo Valente, conosciuto col soprannome di Papillon. Valente, all’epoca dei fatti, aveva avuto a che fare con “l’affaire” Mondadori. Leggeranno anche questi scritti il duo Travaglio&Ferrari?  Oppure maneggeranno con cura solo ciò che gli fa comodo?