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Il partito di Formigoni e Alemanno alle crociate contro la Lega

enti locali in rivolta contro i tagli

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L'unica certezza sotto il cielo della politica - per dirla con il direttore del Tg de La7 Enrico Mentana - è che gli enti locali erano, sono e lo saranno anche nei prossimi giorni, fortemente incazzati con il governo, mentre la Lega era, resta e lo sarà anche in futuro, il padre padrone della manovra, sempre più convinta che assecondare il proprio elettorato venga prima di tutto. E sì, perché dopo giorni di incertezze, misure inserite e poi annullate, dal vertice di maggioranza con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sono usciti i tanto attesi emendamenti alla manovra, senza però eliminare la confusione che aleggia sul provvedimento. Certo, i Comuni potranno pubblicare sui loro siti i «dati relativi alle dichiarazioni» dei redditi, mentre tutti i  proventi della Robin Hood Tax andranno a ridurre i tagli agli enti locali e non ai ministeri, ma tutto questo non serve a ridurre i disagi.  Per Vasco Errani, presidente della Conferenza delle regioni,  si tratta  di «squilibri inaccettabili», mentre il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, sul piede di guerra si dalla nascita del provvedimento, bolla le modifiche come «inaccettabili», confermando che i Comuni pronti a proseguire con la mobilitazione.  A metterci una pezza ci prova il presidente facente funzione dell'Anci, Osvaldo Napoli. «Non c'è più la riduzione della metà dei tagli, da 6 a 3 miliardi, che era stata annunciata», spiega l'esponente della maggioranza, «rimangono 4,2 miliardi di tagli e per la riduzione di 1,8 miliardi non ci sono certezze di copertura, salvo un vago riferimento alla Robin Tax». Altro che certezze e spostamento di risorse, il contributo derivante dall'imposta sull'energia è solo un palliativo, che scontenta anche gli esponenti del governo. «Evidentemente si pensa di intervenire in modo diverso per abbassare il taglio di sei miliardi», dice il ministro della Difesa Ignazio La Russa, contrariato dalle scelte fatte dal collegha, «visto che l'intero ammontare della Robin Tax sarà destinato a ridurre i tagli agli enti locali, ma non posso pensare che non avvenga qualcosa d'altro. Come ministero della Difesa, stiamo cercando di finanziarci con le dismissioni, ma in generale, per gli altri ministeri, penso si dovrà ricorrere a qualche altra misura». Per la Lega, evidentemente, contano più o sindaci dei ministeri, anche se il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, se la prende proprio con il Carroccio. «Il federalismo fiscale è stato definitivamente seppellito», tuona il presidente dell'Ente, «d'ora in poi le Regioni hanno meno autonomia di ieri». E pensare che vuole privatizzare anche la Rai. Senza tv pubblica come farebbe a far sentire la propria voce contro la Lega e itagli? Mah.   Già, l'autonomia e il riordino degli  organi periferici, tema forte all'inizio del dibattito, che via via si è andato sbiadendo. Con la nuova versione della manovra, infatti, salta il riordino delle province, che sarà rimandato a un ddl costituzionale, ovvero alle calende greche, anche  se la decisione è stata presa ad Arcore, mentre per i piccoli Comuni l'obbligo all'accorpamento delle funzioni scatterà dalla prima scadenza elettorale successiva al 13 agosto 2012, come chiesto dalla Lega, (ad eccezione dei comuni che coincidono con con una o più isole e Campione d'Italia) mentre restano il sindaco e sei consiglieri. Tutte le cariche elettive, invece,  a partire dal governo dei Comuni con più di 5mila abitanti, sono incompatibili con la carica di senatore e deputato, compresi gli eletti al Parlamento europeo. Piccola concessione alla battaglia contro i costi della politica. Difficile  non essere d'accordo con il gelido giudizio di Confindustria: «La manovra rinvia sine die i tagli ai costi della politica e degli apparati amministrativi. Tagli che», secondo gli industriali, «non sono rinviabili». Difficile aspettarsi qualcosa del genere da una manovra considerata «debole e inadeguata».

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