Panariello batte anche Twitter

Enrico Paoli

Primo ottobre E' un giorno fantasioso L'aria è mite Qualcuno fa l'estroso Le foglie cascano Si ride a crepapelle Non per le foglie Ma forse anche per quelle Ecco, forse, bisogna proprio partire dalla canzone di Francesco Nuti, usata da Giorgio Panariello come sigla di chiusura del suo nuovo show “Panariello non esiste”  con il quale è tornato in tivvu’ dopo un’assenza di sei anni (colpa un infelice Sanremo e una Rai vendicativa), per raccontare questa avventura televisiva del lunedì sera. Un avventura che ha permesso a Canale 5 di vincere la concorrenza, tornando a scommettere sul Varietà, e a Panariello di dimostrare che esiste ancora, al di là dell’inevitabile paragone con Fiorello. I due sono cose diverse fra loro, difficile metterli a confronto. E farlo serve solo ai dietrologi. Panariello esiste, dicevamo, perché l’attore comico toscano è un tipo fantasioso, come il primo ottobre di Nuti (altro attore comico toscano, colpito dalla sfortuna e ostaggio di una terribile malattia), pur avendo l’aria mite e bonaria dei toscani limati dalla brezza del mare. Ma sa essere estroso, avendo l’arte, e la verve, per farti ridere per le foglie che cadono, ma non sono per quelle. Sì, in quelle due strofe, c’è tutto. C’è tutto ciò che serve a raccontare un vero artigiano del palcoscenico, un’arrotino della battuta, di quelli che girano ancora per le strade, Roma compresa, in cerca di casalinghe a cui risolvere un problema. Panariello deve solo farne un sapiente uso, senza cedere alla tentazione, apparsa evidente durante la prima puntata, di sacrificare  l’istinto alla razionalità, la cifra stilistica alla forza della natura. Certo, l’equazione non è facile, ma siccome la tivù di oggi è fatta di velocità, di voracità, l’artista toscano dovrebbe puntare di più "sull’istant  gag" che sul ragionato. La ricerca del monologo ricercato, evidente frutto delle critiche del passato, ha partorito alcuni segmenti interessanti, ma incastonati come pietre di un certo valore su un supporto troppo esteso, quasi eccessivo. Per paradosso Panariello dovrebbe riuscire a trasformare la debolezza dettata dalla pubblicità contingentata in una risorsa, rendendo tutto più fluido e morbido. Non è necessario offrire costanti prove d’attore, rincorrendo l’idea del pezzo tagliato, si affidi di più all’istinto e consideri il termine varietà nella sua quintessenza. Variare, cambiare, spezzare il ritmo. Magari andranno perse un po’ di battute, che non sarebbe un gran guaio considerate le evidenti falle nei testi, ma ne gioverà il filo conduttore della serata. E i detrattori di Panariello, che lunedì sera di sono scatenati su Twitter, avranno  un bel po’ di armi in meno per esaltare il loro ego di sportivi da poltrona. Ai quali, adesso, darà un bel po’ fastidio il risultato dell’Auditel che  ha premiato Panariello e Canale 5, facendogli vincere  ampiamente la serata.  Far ridere è un’arte difficile, mentre fare lo spettatore è un mestiere semplice, quasi noioso. Per questo uno tuwitta.