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Sospetti e faide, l'elezione di Mattarella

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Ex ds contro ex Margherita. Nordisti contro sudisti. Bersaniani contro franceschiniani. È stato un sovrapporsi di faide democratiche (vere o presunte) quello che ieri si è consumato a Montecitorio attorno alla votazione per l'elezione del giudice mancante alla Corte Costituzionale. I sospetti cominciano l'altra sera, prima votazione, quando Sergio Mattarella, ex Margherita, il candidato del Pd su cui era stato raggiunto l'accordo tra maggioranza e opposizione, raggiunge solo 601 voti. Trentatré in meno del quorum richiesto. Ma almeno 300 in meno se l'accordo avesse retto. Italia dei Valori e Radicali dichiarano esplicitamente di non volerlo votare. Ma i voti mancanti sono di più. E a ogni scrutinio Mattarella perde voti: ieri mattina, seconda votazione, raggiunge quota 608; nel pomeriggio, terza, 592. Sedici in meno. Chi ha “tradito”? E perché? Antonio Di Pietro punta il dito contro il Pd. Lorenzo Cesa, Udc, chiede ai democratici un «sussulto di responsabilità». Il direttore di Europa, Stefano Menichini, indica su Twitter una pista: «Violante non sta giocando pulito contro Mattarella». Ed è proprio attorno all'ex presidente della Camera che si concentrano le voci. Fonti del Pdl raccontano che l'ex presidente della Camera, alla vigilia, avrebbe dato una terna di nomi tra cui il suo, quello di Mattarella e quello dell'ex diessino Massimo Brutti. Spiega un pidiellino: «Sembrava costruita apposta perché votassimo Violante, visto che Mattarella è il padre del “Mattarellum” e quindi alla Consulta è meglio non averlo». Ma ligi all'accordo decidono di votare Mattarella. Con il dubbio, però, che a non votarlo siano quelli del Pd. Dove, nel frattempo, comincia la caccia al “sabotatore”. Non passa inosservata un'intervista in cui Violante fa sapere che, secondo lui, il referendum per il ritorno al Mattarellum non sarà ammesso dalla Consulta. Affermazioni che in molti leggono come un messaggio cifrato al Pdl: se mi votate, non farò passare il referendum. Ieri, in un'altra intervista, l'ex pm sferra un attacco ai magistrati per la sentenza su Amanda e Raffaele. Altro tentativo, si dice nel Pd, di “blandire” il Pdl. Ma Violante gioca da solo o un pezzo di Pd lo sostiene? Dario Franceschini nega che nel suo partito ci sia una fronda anti-Mattarella: «Un'assoluta sciocchezza». Bersani ammette che «qualcuno fa qualche giochino...», ma il candidato del Pd, mette in chiaro, è Mattarella. Gli ex popolari, intanto, sono sempre più imbufaliti per quei voti che continuano a diminuire.  Mentre Violante a ogni votazione guadagna voti: 11 nella seconda, 37 nella terza. Secondo Roberto Giachetti i franchi tiratori sono nella maggioranza: «La Lega ha interesse a rinviare il ddl sulle intercettazioni. Il Pdl non vuole Mattarella perché ha paura che con lui sia ammesso il referendum. Poi c'è il terzo polo che vuol fare da ago della bilancia. E magari un po' dei nostri, ma non più di una decina...». Tra gli ex Margherita, però, si punta il dito contro gli ex Ds: «Si stanno vendicando per la direzione: siccome Franceschini ha criticato Bersani ora non votano il nostro candidato perché è un cattolico». C'è anche chi sostiene che c'entri la guerra per la presidenza dell'Anci. L'assemblea dei sindaci del Pd si è spaccata tra chi sosteneva Michele Emiliano, Bari, area Ds, e chi Graziano Delrio, Reggio Emilia, ex Dl. Alla fine vince il secondo. Con grandi malumori tra “sudisti” ed ex Ds. A sera, alla quarta votazione, con il quorum calato ai 3/5 dei votanti, ce la fa anche Mattarella. Eletto con 571 voti. Un solo voto di scarto. Violante ne prende 65. «Ci hanno salvato Idv e Radicali», commenta un democratico. Sul campo, molti, troppi, sospetti.  

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