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I democratici e la Fiom

politica

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Con la Fiom o contro la Fiom? A difesa di Marchionne o contro? Con la Bce o in aperta contestazione? Per un nuovo mercato del lavoro, che elimini la divisione tra garantiti e non, o per la difesa dei diritti di chi già li ha? È la linea economica il grande tema che sta dividendo ogni giorno di più il Partito democratico. Si era visto all'ultima direzione nazionale, scena di uno scontro tra il vice-segretario Enrico Letta e il responsabile economico del partito, Stefano Fassina. L'oggetto del contendere erano state proprio le ricette indicate da Draghi e Trichet nella famosa missiva al governo italiano. Ieri, di nuovo. Questa volta l'occasione è la manifestazione delle tute blu della Cgil a piazza del Popolo. «Mi piacerebbe molto che Enrico Letta venisse in piazza con i lavoratori», ha polemizzato Fassina, che era lì insieme al dalemiano Matteo Orfini, a Giovanni Lolli, Cesare Damiano, Vincenzo Vita, Paolo Nerozzi. «La linea di Fassina», risponde a Libero il lettiano Francesco Boccia, «è quella della Fiom e mi dispiace. Quanto a Letta, mi chiedo dov'era Fassina quando in Parlamento proponevamo la Tobin Tax, la patrimoniale e il 20% di tassazione sulle rendite finanziarie. Molti di noi preferiscono fare qualche corteo in meno e qualche fatto in più». Sull'economia stanno saltando le alleanze interne. E così dalla parte di Letta, e contro Fassina, si trova anche Beppe Fioroni, capo dei cattolici di tradizione popolare, che si è ben guardato dall'andare in piazza: «Nel dramma del lavoro», dice a Libero, «la manifestazione della Fiom è perfettamente legittima. Ritengo, però, che i politici, più che accompagnare le proteste, debbano risolvere i problemi della gente. Meno marce e più fatti». E dire che l'adesione alle iniziative sembrava una questione risolta: il Pd, aveva detto Pier Luigi Bersani, partecipa alle proprie. Ma la crisi cambia le priorità. E la paura di restare “scoperti” a sinistra, fa saltare propositi e accordi presi. Anche se il problema, in realtà, è più sostanziale. E riguarda precisamente il modo di affrontare la crisi economica: serve più Stato o meno Stato, più flexsecurity o più rigidità nel mercato del lavoro? La piazza del Fiom diventa, così, la cartina di tornasole di una discussione che attraversa il Pd. E che, alla fine, riguarda il Dna del partito: neo-laburista o innovatore, statalista o liberale? Per il veltroniano Andrea Martella «è del tutto legittimo che la Fiom organizzi le sue manifestazioni. Il problema è che la linea del Pd non può essere quella della Fiom. Deve averne una propria su mercato del lavoro, precarietà, relazioni industriali, contrattazione sindacale». Una propria e diversa. Altrimenti, per dirla con Marco Follini, «si finisce per farsi guidare dai movimenti degli altri. Io rispetto le posizioni della Fiom e chiunque è libero di andare dove vuole, ma suggerisco prudenza. Sull'economia spero che il Pd abbia una linea un po' diversa da quella della Fiom». E lo sperano i trentenni “curdi”, come si è auto-definito un gruppo di giovani democratici che sul Foglio ha scritto una lettera con proposte opposte a quelle sostenute da Fassina e dai trenta-quarantenni più vicini al segretario: sì alla riforma delle pensioni, sì alla flexsecurity. Cosa pensano di piazza del Popolo? «Siamo iscritti al Pd e non alla Fiom, noi in piazza ci andremo il 5 novembre», risponde Gianluca Lioni, ispiratore della lettera.

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