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Il governo Monti è pronto

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Un governo fatto di soli tecnici. Senza politici dentro. Solo professori, economisti, personalità che godano di un'autorevolezza «universalmente riconosciuta», il più possibile non riconducibili a una parte o all'altra. E guidato da una persona di «indubbia credibilità nazionale e internazionale». C'è già il nome: Mario Monti. È questa l'ipotesi di cui si è parlato, ieri, nei «molteplici contatti» che lo stesso Quirinale, a sera, ha confermato in una nota. Telefonate tra Giorgio Napolitano, i leader di opposizione e alcuni  degli esponenti più inquieti della maggioranza. Naturalmente non c'è nessuna conferma ufficiale. Il Capo dello Stato non farà nulla finché non si avvera una condizione che per ora non c'è: le dimissioni di Silvio Berlusconi. Ma è naturale che ci si preoccupi di cosa potrebbe accadere un minuto dopo. L'alternativa c'è. Ed è il governo dei tecnici. Il governo «di nessuno», come qualcuno lo chiama, perché non essendoci politici, fa sì che non sia sulle spalle di nessuno, ma tutti vi si possano riconoscere. Di questo si sarebbe parlato nella telefonata tra Pier Luigi Bersani e Napolitano, durante la quale il segretario del Pd ha dato la «disponibilità» del suo partito a una soluzione di «discontinuità».  Ma senza «ribaltoni e codismo», ha precisato. Tradotto: no a governi con maggioranze non uscite dalle urne, no a un esecutivo di centrodestra con un premier diverso. E di queste conversazioni c'è traccia nel comunicato che a sera il Quirinale ha diffuso. Napolitano, si legge, «considera ormai improrogabile» che il governo traduca in legge gli impegni presi nella lettera ai vertici europei. Si aggiunge che «il Presidente del Consiglio gli ha confermato il proprio intendimento di procedere in tal senso». Ma anche che «rappresentanti dei gruppi di opposizione gli hanno manifestato la disponibilità a prendersi le responsabilità necessarie». In conclusione, si fa sapere che «il Paese può contare su un ampio arco di forze sociali e politiche consapevoli della necessità di una nuova prospettiva di larga condivisione». E che «il Capo dello Stato ritiene suo dovere verificare le condizioni per il concretizzarsi di tale prospettiva». Napolitano, in sostanza, chiede al governo di approvare subito, oggi, con una procedura d'urgenza (dei decreti) gli impegni presi nella famosa lettera. Così che il premier si presenti al G20 con qualcosa di concreto. E chiede all'opposizione di condividerne la «responsabilità». Se poi, dopo il G20, il governo non ce la facesse, si aprirebbe la fase B. Il governo dei tecnici. Per il principale partito di opposizione, sarebbe la soluzione ideale. Molto meglio del governo «con tutti dentro», stile Grosse Koalition, difficile da far digerire agli elettori. Mentre il governo dei tecnici sembra vada bene a tutti. Al Pd, al Terzo Polo, al Pdl (perché non è frutto di una maggioranza politica). Perfino all'Italia dei Valori. Sola la Lega ha dei dubbi. Meglio: Umberto Bossi. Perché Roberto Maroni non esclude una soluzione di questo tipo. La genesi di questo esecutivo, caduto Berlusconi, potrebbe avvenire in tempi brevissimi, così da non lasciare il Paese in balia dei mercati. Lo schema definito ieri, sullo sfondo drammatico dello spread alle stelle, sarebbe suppergiù questo: Napolitano convoca direttamente Monti, lo nomina presidente del Consiglio, nomina i ministri. E manda il nuovo esecutivo in Parlamento per riscuotere la fiducia delle forze politiche. Le quali non potrebbero non accordargliela, vista la situazione e visto che questo governo caverebbe le castagne dal fuoco ai partiti, varando quei provvedimenti che destra e sinistra non riescono a fare. In più avrebbe il sigillo del presidente della Repubblica, che gode di una fiducia plebiscitaria tra gli italiani. La procedura pensata salterebbe, le consultazioni e l'incarico esplorativo. Tutte pratiche che, del resto, non sono scritte in Costituzione. C'è già un precendente in questo senso: il governo Pella, peraltro richiamato proprio da Napolitano alcune settimane fa. Pella fu convocato al Quirinale e nominato presidente del Consiglio senza passare per consultazioni, esplorazioni e trattative. Stefano Ceccanti, costituzionalista e senatore del Pd, vicino a Napolitano, conferma: «Il presidente della Repubblica può procedere direttamente alla nomina, richiamandosi all'articolo 92 della Costituzione». Dove si dice che “il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio”. Quanto alla forma del governo, secondo Ceccanti «tra il governo “di tutti” e quello “di nessuno”, la situazione politica è tale che risulta molto più gestibile quello “di nessuno”, senza cioè una maggioranza politica pre-determinata».  Prima di allora, però, c'è il G20. E Napolitano vuole che il governo arrivi lì con le misure già approvate. Per questo ha chiesto all'opposizione un'assunzione di «responsabilità». Il terzo polo è pronto. Il Pd dovrà decidere nelle prossime ore. Se si tirasse indietro, è chiaro che si metterebbe fuori dai giochi per il dopo. Che, ormai, si profila.

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