«Sono sceso in campo con la Lega dopo aver giocato nel Catanzaro...»

Alessandro Dell'Orto

Da fascia a fascia. Carlo Nervo ce lo ricordiamo sull’ala, scatti e dribbling, cross e gol con la maglia del Bologna (337 presenze e 36 reti) e della nazionale (6 partite). Ora, a 39 anni, lo ritroviamo sindaco di un paese in provincia di Vicenza, Solagna, 1915 abitanti. Da fascia a fascia, rigorosamente a centrodestra. Nervo si racconta ora che è fuori dal mondo del pallone ed è entrato in quello della politica: aneddoti, frecciate, riflessioni, storie  e segreti su compagni e avversari del football (Baggio, Signori, Kolivanov) e della scrivania (Bossi, Maroni, Zaia, Napolitano). Perché Carlo non è mai banale e punge sempre, è veloce a pensare e non sa cosa sia la noia. Tanto che tra un consiglio comunale e l’altro, oplà, gestisce un negozio di arredamento. Sì, fantasioso e dribblomane proprio come quando correva veloce là a destra. Sulla fascia. Carlo Nervo, come vuole essere chiamato: sindaco? Primo cittadino? «Ma no, mi chiami come vuole. Anche ohh!». Ohh Nervo, raccontiamo subito di questa nuova esperienza: dalla fascia destra del Bologna alla fascia tricolore del comune di Solagna, 1915 abitanti. «Tre mesi prima delle elezioni del 2009 mi telefona un amico. “Sto facendo una lista, perché non ti candidi?”». Prima reazione? «Perplessità. Poi, dopo qualche giorno di riflessione, un sì ». Sempre stato appassionato di politica? «Mai piaciuta. Ma io sono uno curioso, che nella vita vuole provare di persona». Perché proprio per la Lega? «Divento padano nel 2005, quando dal Bologna mi trasferisco al Catanzaro. Bastano quattro mesi laggiù per capire molte cose…». Tipo? «Gente straordinaria, tifosi eccezionali. Ma la dirigenza... Tre o quattro presidenti, persone strane. Lo ripeto sempre: qualcuno sa spiegarmi perché da Roma in giù c’è solo gente in giacca e cravatta?». Torniamo al 2009. Lei si candida. E poi? «Stravinco senza fare nemmeno campagna elettorale e divento sindaco. Ma il bello arriva dopo». In che senso? «Nella mia lista, inizialmente, c’è il primo cittadino uscente, uno con 10 anni di esperienza.  Mi appoggio a lui e gli chiedo di insegnarmi, ma…». Che succede? «Tempo un paio di settimane, mi accorgo che lui fa il sindaco e io sono il suo vice. Eh, no!». Nervo in panchina… «Appunto. Quindi non mi resta che esonerarlo!». Cioè? «Convoco i due gruppi e spiego che, proprio per essere trasparente al massimo, propongo a tutti di collaborare. Così ribalto la giunta creando un’alleanza ad ampio respiro che coinvolge destra e sinistra». Urca. «Sì, un bel casino. Mi hanno richiamato dal partito, ma io vado avanti per la mia strada: qui ci sono problemi reali, c’è gente che non arriva a fine mese. In questo modo ho messo a posto il paese, ora ho un team figo e posso delegare senza preoccupazioni». L’aspetto negativo che l’ha più colpita entrando in politica? «La cattiva amministrazione pubblica. Nel giro di 10 km, qui, ci sono 5 sindaci e 72 consiglieri. Mi chiedo: non sarebbe meglio avere un unico responsabile? Io mi sono rotto di avere a che fare con sindaci anziani, gente in pensione  che crede di salvare il mondo. E poi... Che dice, facciamo un po’ di polemica?». Facciamola, certo. «Ci sarebbero da cambiare molte cose. Il sindaco dovrebbe essere un ragazzo giovane con tante idee! Tutta la struttura politica andrebbe ringiovanita a partire da Napolitano. E poi, nei Comuni, ci vorrebbero persone più competenti, uscite da una scuola». Beh, Nervo. Lei... «Sì, lo so. Sono stato eletto perché ho tirato due calci a un pallone. Appunto, non va bene». Bossi l’ha conosciuto? Che ne pensa della Lega? «Vuole che continui a fare un po’ di casino?». Assolutamente sì. «Bossi non l’ho conosciuto. Penso che il vecchio gruppo della Lega sia ottimo. Il problema è che non c’è alcuno in grado  di subentrare ora, non esiste un coordinamento all’altezza, una figura carismatica. Ognuno va per la sua strada. Possibile che in Veneto ci siano due filoni della Lega? Assurdo». Qualcuno che le piace? «Zaia. Maroni». Torniamo al suo paese, Solagna. Facile pensare che ci sia anche qualche scontento. Lei, per esempio, abita a Mantova e non riuscirà a essere sempre presente... «Sono rappresentato bene. E comunque me ne frego di chi pensa male, vado avanti per la mia strada: il mio mandato scadrà nel 2014, i miei cittadini dovranno esprimere una vera opinione alla fine, tenendo conto dei pochi mezzi che ho a disposizione. Tanto, sia chiaro fin d’ora, non mi candiderò più: la carriera politica non mi interessa». Nervo, piccola parentesi calcistica. Lei fa il sindaco e amministra un Comune. Nel frattempo il Bologna, il suo Bologna, rischia il fallimento per una cattiva amministrazione. Che succede? «Boh, non lo so. Se qualcuno se ne sta approfittando si deve vergognare. Perché non si prendono per il culo una città, una società gloriosa e un pubblico meraviglioso». Avrà un’idea di quale può essere il problema... «Sì, ma se lo dico vengo querelato». Giriamoci intorno. «Mi sembra molto strano che qualcuno acquisti qualcosa senza sapere di dover pagare gli stipendi... Che c’è sotto?». Restiamo a Nervo in politica. Il mondo del calcio come ha reagito alla sua elezione? «Molti sms. Anche da Bologna, la rossa Bologna in cui ho giocato per 11 anni». Curiosità. Ma i calciatori sono più di destra o di sinistra? «Direi più di destra». La politica entra negli spogliatoi? «Nooo. Se penso allo spogliatoio, mi viene un flash: si ride, si scherza, si parla di calcio e di donne. Qualche volta di uomini...». In che senso? «Scherzavo!». Domanda secca: esiste l’omosessualità nel calcio? «Un sospettato tra i miei compagni c’era. Niente nomi». Sospetto nato da...? «Alcune analisi fatte dopo, nel tempo. Quando si parlava di gnocca, c’era uno che non interveniva mai». Perché nessun calciatore ha mai fatto outing? «Verrebbe escluso dal gruppo». Nervo, a proposito di gay nel calcio. Lei, al Bologna,  fu coinvolto in un’esultanza strana... E non faccia quello sguardo severo? «Voi di “Libero” mi avevate messo in prima pagina dandomi del finocchio!». Beh, il bacio in bocca c’era. «Se lo fa Fiorello è un fenomeno, se lo fa un calciatore è un omosessuale. Perché?». Vero. Allora raccontiamo meglio. «Gennaio 2002. Bellucci, che non era Monica...». ...buona questa... «...mi prende in giro per il naso non proprio alla francese. E promette che al prossimo gol lo bacerà». L’occasione arriva dopo una rete al Brescia. «Mi viene incontro ma, essendo molto più basso, anziché prendere il naso mi bacia sulla bocca!». E succede il caos... «Il Tg5 fa un servizio, nello spogliatoio tutti ci prendono in giro. Che figura di merda... Per venti giorni, a fine allenamento, non ci facciamo più vedere insieme: se uno esce dallo spogliatoio e va a destra, l’altro esce più tardi e va a sinistra». Quindi una semplice goliardata? «Mica avrà dei dubbi? Guardi, a me si può rinfacciare tutto nella vita, tranne che quello. Mi piace la gnocca». A proposito. Nervo, già che ci siamo allora affondiamo il tackle. Lei, sempre a Bologna, fece parlare di sé quando spiegò di essere depresso per amore. «Fine anni ’90, prima di una partita passo in sala stampa e quando un giornalista mi chiede come va, faccio la battuta: “Bene, anche se mi ha lasciato la fidanzata e non mi resta che andare a Stranamore”. Il giorno dopo apro il giornale, titolone: “Nervo va a Stranamore”. Ricevo telefonate dalla De Filippi e da Maurizio Costanzo e “Verissimo” fa addirittura uno speciale!!!». E la fidanzata che l’aveva mollato? «È mia moglie Elisabetta, ci siamo sposati nel ’99 e abbiamo due figli: Rebecca di 9 anni e Jacopo di 6». Complimenti. Carlo, ma ora nella vita che fa? A parte il sindaco. «Una professione fighissima, ci pensavo da 20 anni. Ho aperto un negozio che si chiama “Kela”, costruiamo mobili in legno e sfruttiamo la rete commerciale di mio fratello. È un modo nuovo di arredare, utlizziamo quasi solo rovere e cerro. Sono presissimo, non ho praticamente tempo libero. Questa mattina ho montato una cucina: facevo molta meno fatica quando giocavo in serie A». Rimpiange la vita del calciatore? «No, mi sono riorganizzato. Ogni tanto incontro ex compagni che non sanno che fare, che vivono male perché si sono spenti i riflettori. Non è il mio caso. Io ho mille progetti. Sa quale è il problema? No. «Che quella del calciatore è una vita irreale. Sei privilegiato e non ti rendi conto di come gira il mondo. Non paghi mai niente, sei servito e viziato. Tutto l’ambiente è così. Una schifezza. E quando smetti ti devi inventare qualcosa perché non sai fare niente». Lei si è inventato il ritorno da sindaco al suo paese d’origine. Nervo, facciamo un salto indietro. «Nasco a Bassano il 29 ottobre 1971, terzo di quattro figli. Papà Armando in quel periodo lavora in un mobilificio, mamma Attilia è casalinga». Scuole? «Mi piace studiare, ma sono un po’ un somaro perché marino quasi tutti i giorni per andare a giocare a biliardo». Primo idolo calcistico? «Paolo Rossi. Inizio a giocare al Bassano e l’allenatore è Djalma Santos». Caso di omonimia? «No, proprio lui, il campione brasiliano!!!! Primo uomo nero visto dal vivo nella mia vita. Viveva a Bassano e ci allenava con Cinesinho. Giuro!». Nervo esordisce in serie D giovanissimo, nel 1988-89. Poi va in prestito al Monza, torna al Bassano e va al Cittadella. «E dico a mio padre: “Se non divento professionista nel giro di un anno, smetto”». La prende il Mantova. Primo stipendio? «Trentasei milioni netti l’anno. A Mantova mi vuole Bellotto, che poi, però, non si accorda con la società. L’allenatore allora sarà Tomeazzi che al primo incontro mi avverte: “Per te ci sarà poco spazio, devono giocare i vecchi». Urca. «Ma io nel calcio ho sempre avuto una fortuna: essendo leggero e agile, andavo a mille all’ora a inizio stagione e alla fine. Così in poche amichevoli conquisto il posto». Promossi in C1, ma il torneo successivo la società fallisce. «E vado al Bologna, contratto triennale. Primo allenamento, sbaglio un movimento e Ulivieri mi guarda con sfida: “Te non hai mai giocato a calcio!”». Carlo Nervo, invece, diventa un punto fisso della squadra. Guardi le figurine di quel Bologna e scelga un compagno. «Scapolo. Grande giocatore e grande amico. Memorabile un venerdì sera in discoteca con lui e Paolo Canè, il tennista. Sul più bello entra un fotografo, lui lo vede e mi dà uno spintone per nascondersi: il giorno dopo, su un giornale, esce la fotografia di me che sto cadendo». In tre anni, dalla serie C, arrivate in A. Altre figurine e altre scelte. «Kolivanov, campione strepitoso in campo e campione di vodka fuori». La cosa più incredibile che gli ha visto fare? «Punizione calciata di sinistro e rigore  di destro nella stessa partita! E quella volta...». Non rida, racconti. «Una domenica un compagno, sostituito, fa polemica. Il martedì, nello spogliatoio, mister Ulivieri mette le cose in chiaro: “Domenica chi verrà sostituito, per dimostrare felicità nei confronti di chi entra, dovrà fare una capriola davanti alla panchina!”». Addirittura? «Si gioca a Firenze, derby tesissimo. Io ho il terrore di essere richiamato e mi impegno alla morte. A metà secondo tempo l’arbitro fischia. Cambio, esce Kolivanov che si incammina, arriva davanti a Ulivieri e ooooplà, si esibisce in una piroetta spettacolare tra gli insulti degli ultrà viola. Un mito». Lei l’avrebbe fatta? «Non credo. Cristallini, richiamato in panca per la seconda sostituzione, si rifiutò. E da quel momento giocò gran poco...». Guardi questo. È Shalimov. «Campione vero, ma troppo lento! Lo chiamavo moviola». Roby Baggio. «Giocatore unico, lo capivi da come stoppava la palla. Quando, nel 1997,  arriva a Bologna come nuovo acquisto, si presenta negli spogliatoi con uno scatolone immenso su cui c’è scritto: “Posta per Baggio”. Lo guardiamo male: ma questo qui chi si crede di essere? Poi...». Poi? «Ci accorgiamo che ogni due settimane c’è da svuotare la scatola, stracolma di posta in arrivo da ogni parte del mondo». Un aneddoto divertente sul codino? «In quel periodo fa la pubblicità della Granarolo, in cui si sente il verso di una mucca, “Muuuuuuu”. Un giorno un tifoso lo avvicina per prenderlo per il culo: “Baggio, sei bravo a fare muuuuuuu”. Lui si volta: “Sì, ho imparato da tua madre”. Zittito! Che ridere...». Guardi un giovane Kallon. «Appena arrivato dall’Inter, esce sempre con Cristiano Pavone. È un ragazzino e Cristiano si sente in dovere di offrire ogni volta: ristorante, cinema, bar. Finché Pavone si presenta nello spogliatoio arrabbiatissimo: “Kallon, ’sto bastardo...”. “Che è successo, Cris?”. “Ho visto gli stipendi: guadagna il doppio di me e lo sto mantenendo da 4 mesi!!”». Meraviglioso. Ecco Signori. «Un leader. Trascinatore. Capace di far gol da ogni posizione». Eriberto, poi diventato Luciano. «Qualche sospetto l’avevo, sull’età. Permaloso. La battuta più bella è di Mazzone, dopo averlo visto  giocare la prima volta. “Ao’, m’hanno detto che sei de Rio. Rioveggio però...”». A proposito di allenatori. Dopo Ulivieri e Mazzone, a Bologna arriva Guidolin. «Mister ideale come metodo di gioco». Nel 2005 Nervo va al Catanzaro. «Contratto in scadenza, il Bologna offre solo un anno e ci resto male. Nel frattempo mio figlio si ammala, ha bisogno di mare. Cosi accetto il trasferimento a Catanzaro. Esperienza negativa». Diventa leghista e torna a Bologna. Carlo, lei ha anche 6 presenze in nazionale. «Con Trapattoni, ct spettacolare. Giovane dentro». Scelga senza pensarci: nazionale italiana o nazionale padana? «Italiana». Dopo aver smesso di giocare, lei è sparito dall’ambiente del pallone. Perché? «Per cambiare vita! Mi piace ragionare in decenni e ho già deciso il prossimo passo: nel 2020 mi trasferirò in Brasile». Nervo, ultime domande veloci. 1) Calciatore più forte di sempre? «Maradona». 2) Con cui lei ha giocato? «Kolivanov». 3) Il difensore che la metteva più in difficoltà? «Cordoba dell’Inter. Velocissimo». 4) Il più cattivo? «Couto del Parma». 5) Compagno più matto? «Fontolan». Ultimissima. Metta in campo una nazionale di politici. «Tremonti in porta per parare i colpi. Bersani lo scelgo per dimostrare trasparenza e lo metto terzino sinistro. Anzi, destro per fargli un dispetto. Sgarbi libero che si stacca. Bossi difensore dei diritti padani. Maroni a centrocampo per dirigere. Castelli ala che fa cross. Berlusconi fantasista, ma senza maglia numero dieci. Quella va alla Carfagna: all’inizio non le davo due lire, ma ora mi piace. Napolitano capitano d’esperienza, Zaia bomber». Ne manca uno. «Rosy Bindi. Può andare dove vuole, tanto nessuno la marca a uomo...».