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Lavorare a maglia non è solo una moda: è anche un antistress

Daniela Mastromattei
Daniela Mastromattei

Daniela Mastromattei è caposervizio di Libero, dove si occupa di attualità, costume, moda e animali. Ha cominciato a fare la giornalista al quotidiano Il Messaggero, dopo un periodo a Mediaset ha preferito tornare alla carta stampata

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Julia Gillard, ex premier australiano, dopo le sue dimissioni, si è lasciata immortalare sulla copertina del settimanale Woman's Weekly mentre sferruzzava a maglia. Apriti cielo. Si è sollevato un coro di proteste da parte dei critici australiani perché  il primo ministro «è un modello sbagliato per le più giovani».  Ma si può  criticare  un primo ministro per un  passatempo tanto innocuo. «Magari le ragazzine prendessero esempio da noi, invece di dedicarsi ad attività ben peggiori», dirà  la nostra politica Alessandra Mussolini  che quest'estate è stata sorpresa in spiaggia  alle prese con i ferri e un gomitolo di cotone color rosso rubino.  Non è un segreto: lavorare a maglia stimola la creatività e aumenta l'autostima. Non solo. Secondo il professor Herbert Benson  di Harvard, esperto in tecniche di rilassamento, il lavoro a maglia è un potente antistress e un antidoto ai ritmi frenetici imposti dalla vita delle grandi metropoli. Il piacevole suono dei ferri che si incontrano assomiglia a un mantra che rallenterebbe il battito cardiaco.   Dopo gli Usa arrivano anche in Italia i Knit Cafè, circoli culturali, bar, mercerie, librerie, dove si lavora a maglia, a uncinetto e si ricama. Tanti  gli adepti  che vi si danno appuntamento. Non solo vecchie zie annoiate. Sferruzzano le modelle nelle lunghe pause prima delle sfilate, le attrici tra un ciak e  l'altro. Tra le più fedeli (per loro  è una passione  che va avanti da anni) ci sono  Sarah Jessica Parker (nella foto sopra) e Uma Thurman che lavorano a maglia, mentre  Eva Longoria  preferisce l'uncinetto.            

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