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Warhol sbarca a Milano ed è già Andy-mania

Nicoletta Orlandi Posti
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Dalla Gioconda al ritratto di Marilyn, dalle scatole di zuppa Campbell's agli autoritratti in versione 'drag'. Oltre 160 opere straordinarie che raccontano il percorso artistico di Andy Warhol fin dagli esordi. Il padre della Pop Art americana, torna a Milano con una grande monografica a Palazzo Reale, che per la prima volta ospita una mostra dell'artista statunitense. L'evento attesissimo è al centro della programmazione dell'Autunno Americano, iniziata il 24 settembre con la mostra "Pollock e gli Irascibili. La scuola di New York".  A rendere possibile questa esperienza è il più grande collezionista di Warhol e amico di lunga data, Peter Brant, che non solo ha prestato le opere, ma ha curato l'esposizione, insieme a Francesco Bonami. Nelle sale di palazzo Reale, saranno esposti i primi disegni di Warhol per finire con le spettacolari Ultime Cene - presentate proprio a Milano nel 1987 in quella che fu l'ultima mostra di Warhol, prima della morte per una banale operazione - e gli autoritratti, passando attraverso le opere piu' iconiche come le "Electric Chairs" (1964), il grande ritratto di Mao, i fiori e uno dei piu' famosi capolavori di Warhol "Blue Shot Marilyn" (1964), il ritratto della famosa attrice americana che ha in mezzo agli occhi il segno restaurato di uno dei colpi di pistola esploso da un'amica dell'artista nel 1964 che Brant avrebbe poi acquistato per 5.000 dollari nel 1967 con i proventi di un piccolo investimento. D'altra parte, aveva investito sull'artista quando non era ancora una star da cifre impossibili. I due, come racconta lo stesso Brant, si conobbero nel '68, e divennero subito grandi amici. Brant descrive Warhol come "una persona meravigliosa, con un'immagine privata molto diversa da quella pubblica, che gli era stata incollata addosso. Era un uomo molto tranquillo, profondamente religioso, serio, timido, che nulla aveva a che fare con quell'idea di 'tossicodipendente trasgressivo' che si era fatta la gente". A Milano, Brant ha portato il meglio della sua collezione iniziata 45 anni fa. Se dovesse consigliare le opere da non perdere fa fatica. "Forse quella che Andy avrebbe preferito in assoluto - ha detto Brent - è la 'Gioconda 30 volte', infatti il titolo e' "30 volte e' meglio di una". Quest'opera riassume anche l'atteggiamento che lui aveva per l'arte. E poi nel 1962, quando morì Marylin Monroe, fece tutta la serie delle 'Marylin' con lo sfondo con i colori delle caramelle e dei dolci.  Un'altra opera significativa per Warhol è quella della 'sedia elettrica'. In effetti è una delle opere più ironiche perchè mostra che una grande democrazia, come quella degli stati Uniti d'America, aveva bisogno di una sedia per perpetrare l'atroce gesto della pena capitale".  Altra cosa importante è il ritratto di Richard Nixon. In fondo al ritratto c'è scritto 'vota per il suo avversario', cioè George McGovern. Quello che vediamo in mostra è l'originale da cui è stata poi tratta la stampa, venduta per finanziare la campagna elettorale di McGovern. Pochi sanno che Nixon si infuriò talmente con Warhol da metterlo su una 'lista nera' e da scatenargli contro la finanza, che ogni anno inviava degli ispettori a fare pelo e contro pelo sulle faccende economiche di Andy Warhol, fino alla sua morte".  "Dai divi del cinema alle bottiglie di Coca Cola, fino ad autentici capolavori come il Cenacolo di Leonardo da Vinci, Andy Warhol ha trattato democraticamente tutti i suoi soggetti con tecniche nuove prodotte dai linguaggi della contemporaneità, trasformando il suo lavoro di artista in un'officina di produzione di icone, destinate a segnare un'epoca ed entrare a pieno titolo nella storia dell'arte - ha dichiarato l'assessore alla Cultura Filippo Del Corno -. Per questo possiamo affermare che Warhol ha contribuito in modo determinante a definire e trasformare il moderno concetto di icona: ormai lontana dall'etimologia che lega in maniera indissolubile il sostantivo al mondo religioso, alla devozione e all'adorazione, l'accezione corrente di icona è laica, ed è 'pop'. Proprio come la sua arte".  Attraverso capolavori e opere altrettanto sorprendenti, ma meno conosciute, come una serie di Polaroid mai viste prima in Europa, la mostra della Collezione Brant non racconta semplicemente il Warhol star del mondo dell'arte e del mercato, ma anche il Warhol intimo, l'amico, l'uomo. Pur a distanza di anni e pure in una società profondamente cambiata, le opere che il visitatore potra' ammirare a Palazzo Reale, dimostrano come la grande arte non invecchi mai. Come scrive Francesco Bonami: "I grandi artisti possono avere periodo più o meno interessanti, ma nella loro produzione avranno sempre qualcosa che riesce a comunicare. Warhol parla dalla nostra societa', oggi come allora".  Dopo aver visto le sale di palazzo Reale, Peter Brant si è detto convinto che anche Warhol sarebbe stato felice di esporre in quel luogo. "Andy sarebbe stato felice di tornare a Milano - ha detto - una città che lo amava e che lui amava e gli era rimasta profondamente nel cuore". Dopo Milano la mostra proseguirà per il prestigioso museo LACMA di Los Angeles.

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