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Senza posto fisso e con stipendi da fameEcco il mondo del lavoro in Italia

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Il posto fisso è ormai un miraggio. E chi ce l'ha è sottopagato

Nicoletta Orlandi Posti
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  Precari e sottopagati. E' questa la fotografia del mondo del lavoro in Italia dove il posto fisso è sempre più un miraggio, ormai meno di due assunzioni su dieci sono a tempo indeterminato e gli stipendi fermi all'inizio del Millennio. E' quanto emerge dai dati resi noti da un'indagine della Banca d'Italia e da un'altra di Unioncamere e Ministero del Lavoro secondo la quale nel periodo luglio-settembre le assunzioni stabili previste sono appena il 19,8% su un totale di quasi 159 mila.  Il miraggio di un contratto - Il dato conferma quanto già avvenuto tra aprile e giugno. Prima di questa nuova fase, ovvero fino all'inizio del 2012, la percentuale di assunzioni previste a tempo indeterminato era ben più alta, si salvavano dalla precarietà circa tre posti su dieci. L'indagine Excelsior segnava una quota compresa fra il 27% e il 34%, prendendo a riferimento i quattro trimestri prima della caduta. Guardando nel dettaglio la rilevazione condotta da Unioncamere, ben il 72,3% dei posti richiesti per luglio-settembre sono a tempo determinato, di cui una buona parte sono contratti stagionali; il 4,6% è rappresentato da rapporti di apprendistato; e il 3,3% da altre forme, come le assunzioni in inserimento e a chiamata. Inoltre la discesa delle posizioni fisse risulta confermata anche tenendo conto dei fattori di periodo: nel Bollettino sui programmi occupazionali delle imprese, rilevati dall'ente guidato da Ferruccio Dardanello viene, infatti, evidenziato che escludendo le assunzioni stagionali i contratti "stabili" si attestano al 35,8%, mentre nei precedenti cinque trimestri la loro quota era superiore al 40%. Se poi si rapportano i contratti a tempo indeterminato a tutti i contratti di lavoro o di collaborazione che le imprese prevedono di stipulare nel periodo (inclusi quindi quelli 'atipici'), si scende dal 16 al 14% circa. Insomma continua a incidere "l'effetto incertezza" che porta a spostare quote di domanda verso assunzioni "a termine", siano esse stagionali o con altro contratto.  Buste paga al palo - Chi ha un contratto a tempo indeterminato ha comunque una busta paga decisamente leggera. Le retribuzioni medie reali nette, dal 2000 al 2010, sono aumentate solo di 29 euro, passando da 1.410 a 1.439 euro (+2%). Sui risultati della relazione annuale di Bankitalia pesa,  ovviamente, la crisi economica e gli interventi che hanno toccato in   particolare gli statali. Su cui, per il momento, sembra scampato il pericolo di un taglio delle tredicesime. Dai dati emerge inoltre che il gap tra Centro-Nord e Sud-Isole non arresta la sua corsa: l'incremento è stato del 2,5% contro lo   0,7%. In termini reali al centro-nord si è passati da 1.466 euro del   2000 a 1.503 euro del 2010, con un aumento di 64 euro; mentre nel   mezzogiorno le retribuzioni passano da 1.267 euro a 1.276 euro, con una crescita di soli 9 euro. Rispetto alla media nazionale le retribuzioni si attestano a un +4% per i lavoratori del centro-nord e -10,1% per quelli di sud e isole, mentre 10 anni dopo di arriva a +4,4% e -11,3%. Fermi a dieci anni fa - Gli effetti negativi della crisi hanno avuto effetto anche sulle retribuzioni; secondo le rilevazioni condotte con cadenza biennale emerge che nel 2006 le retribuzioni medie arrivavano a 1.489 euro, due anni dopo (con l'inizio della crisi) erano scese a 1.442   euro, e nel 2010 la situazione era ulteriormente peggiorata, arrivando  a 1.439 euro. La riduzione in termini reali, in quattro anni, è stata  di 50 euro (-3,3%). In generale la crisi ha influito sulle buste paga di tutti i lavoratori dello stivale: nel centro-nord del paese la   riduzione è stata di 46 euro (-2,9%), mentre nel sud e isole il taglio è stato di 56 euro (-4,2%). Le differenze restano notevoli  anche tra i due sessi; con gli uomini che sono passati da 1.539 euro a  1.586 euro (+47 euro), e le donne, che partivano da 1.220 euro e sono arrivate e 1.253 euro (+35 euro). Tra il 2008 e il 2010 le retribuzioni reali mensili pro capite dei lavoratori a tempo pieno, al netto di imposte e contributi sociali, spiega Bankitalia, sono cresciute dello 0,8% (2% per le   donne). Nello stesso periodo la quota dei lavoratori a bassa   retribuzione è salita di tre decimi di punto percentuale, al 9,4%. Palazzo Koch spiega che, proprio a causa dell'espansione del part-time, le retribuzioni nette medie per il totale dei lavoratori dipendenti sono diminuite dello 0,2%, riflettendo esclusivamente il  calo del Mezzogiorno.  

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